La notizia della visita del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a papa Francesco, nell’ambito di una missione segreta relativa alla soluzione del conflitto russo-ucraino, ha dato subito la dimensione dell’importanza della politica internazionale della Santa Sede e della sua attività diplomatica. E di conseguenza dell’attualità del ciclo di seminari organizzati della cattedra di Storia e sistemi dei rapporti tra Stato e Chiesa nel corso di laurea in Politiche europee ed internazionali, docente il professor Antonio G. Chizzoniti – che ha già visto una sessione sulla Russia con la partecipazione di don Stefano Caprio e una sugli USA con l’intervento del professor Pasquale Annichino – concluso venerdì 12 maggio – con un incontro sulla politica internazionale della Santa Sede nel contesto geopolitico mondiale. Relatore è stato il vaticanista Matteo Matzuzzi, caporedattore de “Il Foglio”, laureato in Scienze politiche, autore di due recenti pubblicazioni “Atlante geopolitico del cattolicesimo” (Piemme) e “Il santo realismo. Il Vaticano come potenza politica internazionale” (Luiss University Press) sul tema delle relazioni tra gli stati e le religioni.
Introducendo il seminario, il professor Chizzoniti ha definito questi incontri come «un giro del mondo tramite l’analisi e i luoghi toccati da questioni religiose, in particolare il tema della libertà religiosa, attraverso l’attività diplomatica degli ultimi pontefici: il papa “polacco” Giovanni Paolo II in guerra contro il comunismo, Benedetto XVI, noto per l’apprezzato approccio teologico tradotto nella “diplomazia della verità”, e Francesco il “papa dalla fine del mondo” che ridisegna gli equilibri religiosi e politici di una Chiesa che si confronta con un contesto globale, più che occidentale ed europeo».
L’attualità del tema nel contesto geopolitico odierno è stata sottolineata all’inizio dell’intervento di Matteo Matzuzzi: «La Chiesa cattolica ha sempre mediato i conflitti dagli albori della sua esistenza. L’autorità della Chiesa è stata riconosciuta in ogni epoca, pure da Napoleone. La fine dello Stato Pontificio non ha diminuito questa sua missione, anzi l’ha aumentata (si pensi, alla vigilia della Prima guerra mondiale, all’invito di Benedetto XV ad evitare “l’inutile strage”)».
In tempi più recenti basti pensare al ruoto attivo della Santa Sede nello scenario mondiale durante il pontificato di Giovanni Paolo II, il cui contributo è stato innegabile nel «liberare la patria dall’usurpatore comunista: la sua prima visita da papa nel 1979 in Polonia segnò l’iniziò dell’attività del sindacato autonomo dei lavoratori “Solidarność”, seguì poi il rapporto stretto con il presidente USA Ronald Reagan per far collassare l’impero sovietico». Vicino all’America fu anche Benedetto XVI con la sua “diplomazia della verità”, una diplomazia del dialogo ma che aveva ben presenti i principi fermi e non negoziabili. La politica internazionale di Papa Francesco ha una impostazione diversa, in particolare è evidente la sua apertura ai musulmani con il “Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune”, noto come Dichiarazione di Abu Dhabi, siglato il 4 febbraio 2019 dal Papa e dal Grande Imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyib, che ha rafforzato l’asse con Islam. Papa Francesco non ama parlare di scontro di civiltà, piuttosto teorizza la cosiddetta “terza guerra mondiale a pezzi” per il mondo. «E per spegnere i focolari di guerra bisogna dialogare a tutti costi, rinunciando a qualcosa di proprio».
Emblematica la questione cinese, il documento sulla nomina dei vescovi. Oggi la politica internazionale della Santa Sede vive un momento di difficoltà con la guerra in Ucraina e la distanza che si è creata con Russia e Cina anche se la diplomazia lavora in silenzio, riservatamente.
Il relatore ha anche parlato del rapporto con le istituzioni europee: «Il Papa non parla male dell’Europa, semplicemente la scuote, la invita a trovare un ruolo ed elogia l’Europa dei popoli». Al termine si è anche soffermato sulla situazione della Chiesa in Italia, caratterizzata da tante diocesi che affrontano il problema della secolarizzazione che avanza e della carenza del clero, rendendo a rischio la sopravvivenza stessa di alcune diocesi.