Per molto tempo il Senegal è stato considerato uno dei pochi stati democratici dell’Africa. La situazione, in realtà, era più complessa di quanto apparisse, anche all’epoca del presidente-poeta Léopold Sedar Senghor, che aveva i suoi scheletri nell’armadio. In ogni caso negli ultimi anni il paese ha intrapreso quella che l’intellettuale senegalese Felwine Sarr ha definito “lenta discesa” verso “l’indebolimento e l’erosione delle conquiste democratiche senegalesi”.
L’ultima dimostrazione di questa deriva è arrivata nei giorni scorsi, con un’ondata di violenze che ha provocato 16 morti, 500 arresti e il blocco della rete internet, in un clima di tensione che avrà senz’altro pesanti conseguenze.
La scintilla è stata la condanna dell’oppositore Ousmane Sonko a due anni di carcere senza condizionale. Con questa sentenza, arrivata il 1° giugno, Sonko rischia di essere escluso dalle elezioni presidenziali del 2024. I giovani del paese sono immediatamente scesi in piazza puntando il dito contro la magistratura, che ritengono ormai uno strumento nelle mani del potere. Sonko era accusato di stupro, ma è stato condannato per “corruzione dei giovani”, un cambiamento di imputazione che rende la sentenza incomprensibile.
A lungo termine è l’intero funzionamento della vita politica senegalese a essere in pericolo. La vicenda va avanti già da qualche tempo. Nel marzo 2021 a Dakar c’erano stati gravi scontri dopo l’arresto di Sonko. La violenza, in quel caso, aveva colpito i simboli della presenza francese, dalle stazioni di servizio della Total ai supermercati della catena Auchan. Questa serie di incidenti, piuttosto inusuali nella storia del Senegal, sono il segno di un forte malcontento. Nel 2012 la società civile si era mobilitata con successo contro il tentativo del presidente Abdoulaye Wade di farsi eleggere per un terzo mandato, vietato dalla costituzione.
Il successore di Wade, Macky Sall, si avvicina alla conclusione del suo secondo mandato e sembra voler cedere alla tentazione di continuare a governare. Al momento Sall non ha ancora fugato i dubbi sulle sue intenzioni, alimentando il sospetto e la tensione in un paese sempre più politicizzato. Eliminando Sonko dalla corsa, il presidente rafforza il timore che voglia imporsi con la forza. Nell’immediato i senegalesi sono in attesa di capire cosa accadrà a Sonko. Attualmente il capo del partito Patrioti africani del Senegal per il lavoro, l’etica e la fratellanza (Pastef) si trova agli arresti domiciliari, sorvegliato dalla polizia. Se sarà prelevato per scontare la pena in carcere, le violenze che si sono placate durante il fine settimana potrebbero esplodere nuovamente.
A lungo termine è l’intero funzionamento della vita politica senegalese a essere in pericolo. I giovani, che costituiscono il 60 per cento della popolazione, non accetteranno senza reagire un terzo mandato di Sall mentre il loro eroe (dalle posizioni populiste) marcisce in prigione. Il problema riguarda anche i partner del Senegal, a cominciare dalla Francia. Parigi mantiene un’estrema prudenza nel commentare gli eventi, consapevole del fatto che i francesi, in quanto ex colonizzatori, sono sospettati di agire da dietro le quinte, anche quando non c’entrano nulla. La Francia non ha alcun interesse a vedere una destabilizzazione o una regressione della democrazia senegalese, ma qualsiasi ingerenza sarebbe sicuramente nociva. In un’Africa occidentale dove l’influenza francese è in netto calo, il caso del Senegal è un test importante.