Come “riciclare” i vecchi pozzi petroliferi per farli partecipare alla transizione energetica? Il quesito ha oggi più di una risposta. C’è chi come Cemvita Factory sta tentando di sfruttare giacimenti esauriti di idrocarburi produrre idrogeno grazie all’azione microbica. E chi come gli scienziati del NREL sta riadattando queste strutture all’energy storage tramite l’impiego di gas compressi.
Una nuova possibilità è offerta oggi dalla “batteria geotermica” progettata dall’University dell’Illinois a Urbana-Champaign. Qui, come scrive Lois Yoksoulian sul sito dell’ateneo statunitense, la professoressa di ingegneria civile e ambientale Tugce Baser ha guidato la prima dimostrazione sul campo dello stoccaggio di energia geotermica nel sottosuolo utilizzando un pozzo petrolifero abbandonato nel bacino dell’Illinois. Nello scorso secolo, da questo bacino sedimentario sono stati estratti più di quattro miliardi di barili di greggio e oggi si ritiene che alcune formazioni geologiche presenti nel suo sottosuolo abbiano un grande potenziale in termini di sequestro del carbonio. Ma per Baser e il suo team la zona potrebbe essere utile alla transizione energetica anche tendendo la mano alla geotermia.
In realtà il bacino dell’Illinois non possiede sorgenti ad alta temperatura ma le sue formazioni geologiche più profonde hanno le giuste proprietà per realizzare serbatoi geotermici artificiali. “Molte delle stesse proprietà che rendono una formazione rocciosa sotterranea ideale per l’estrazione di petrolio e gas la rendono adatta anche per lo stoccaggio geotermico”, ha affermato Baser. “E poiché il nostro sito di test è un ex pozzo di gas, dispone già della maggior parte delle infrastrutture necessarie”.
La scienziata ha spiegato come la zona possieda unità rocciose spugnose e minerali con una conducibilità termica ottimale inseriti tra strati isolanti. Un design naturale che rende il bacino una perfetta “batteria geotermica” potenziale.
Per il loro progetto, i ricercatori hanno iniettato acqua preriscaldata a 5O°C nella Cypress Sandstone, un’unità rocciosa porosa situata a circa 900 metri sotto la superficie del sito di prova, tramite un pozzo pre-esistente. Quindi hanno monitorato i cambiamenti di pressione, le condizioni termiche e idrauliche per cinque giorni.