Ci sono quasi 7 miliardi di smartphone nel mondo, un numero che si avvicina sempre più al totale (8 miliardi) di abitanti del pianeta. Ma qual è l’impatto ambientale degli smartphone? Nell’anno che ha registrato fenomeni climatici estremi – tra cui il luglio più caldo di sempre – anche una riflessione sul ruolo dei nostri smartphone è doverosa. Samsung, primo dei produttori mondiali con una quota di mercato del 22% nel primo trimestre del 2023 (dati di Counterpoint), ha definito nella strategia “Galaxy for the Planet” quattro misure che, entro il 2025, renderanno i suoi smartphone ecoconsapevoli. Anche la quinta generazione di dispositivi pieghevoli, Galaxy Z Flip5 e Galaxy Z Fold5, è stata realizzata con questa vision.
Le azioni del vendor coreano vanno nella direzione indicata dallo studio Deloitte TMT Predictions 2022, che ha stimato una generazione di 146 milioni di tonnellate di CO2 (o CO2e, emissioni equivalenti) a livello globale legata agli smartphone. L’83% di queste emissioni è legata alle fasi iniziali del ciclo di vita degli smartphone, ovvero all’estrazione delle materie prime, al processo produttivo e al trasporto. Un processo produttivo più green e il corretto recupero dei materiali possono fare molto per il nostro pianeta.
Ogni smartphone ha un’impronta di carbonio di 17,2 kg CO2 all’anno legata all’estrazione e alla lavorazione dei materiali e alla successiva produzione delle parti, secondo le analisi di Milena Gabbanelli sul Corriere della Sera.
Un cellulare intelligente contiene, in media, 95 grammi di plastica, 11 grammi di ferro, 9 grammi di rame, 3,5 grammi di cobalto, 250 milligrammi di argento, 24 milligrammi di oro, 9 milligrammi di palladio e 1 milligrammo di terre rare, cosiddette perché in natura sono scarse e si trovano associate ad altri elementi da cui vanno separate con tecniche costose e invasive. Lo smaltimento richiede, a sua volta, lunghi e costosi trattamenti chimico-fisici che spesso non vengono effettuati.
Inoltre, estrarre questi minerali significa che, per un solo smartphone, serve scavare almeno 30 kg di roccia. La quasi totalità viene estratta in Africa e Cina, spesso senza alcuna regola e quindi con gravi danni per l’ecosistema naturale, oltre che per le persone.
Galaxy for the Planet definisce il modo con cui Samsung adotterà concrete azioni di tutela del clima unendo le forze con utenti, partner e altri operatori del mercato. La strategia prevede quattro impegni per ridurre l’impatto ambientale dei dispositivi mobili di Samsung entro il 2025.
Il primo è l’integrazione di materiali riciclati in tutti i nuovi prodotti mobile della casa sud-coreana: Samsung si impegna a promuovere un’economia più circolare per recuperare componenti e così ridurre sia l’attività estrattiva sia i volumi in discarica. Anche nel packaging Samsung sta riducendo il suo impatto ambientale: l’obiettivo è eliminare tutta la plastica dalle confezioni dei prodotti mobile e sostituirla con materiali ecocompatibili.
Per esempio, nel 2022 Samsung ha progettato la serie Galaxy Z e le Galaxy Buds2 Pro con reti da pesca riutilizzate che altrimenti sarebbero finite nell’oceano. Anche la serie Galaxy Book2 Pro e la serie Galaxy Tab S8 riutilizzano le reti da pesca abbandonate. Samsung riferisce che ogni anno nel mondo 640.000 tonnellate di reti da pesca vengono abbandonate e inquinano gli oceani. Il vendor ha, inoltre, incorporato nel 90% dei dispositivi più recenti materiali post-consumo (PCM) e resina a base biologica.
I nuovi Galaxy Z Flip5 e Fold5 sono costituiti da una varietà di materiali riciclati ancora maggiore, tra cui vetro e alluminio riciclati pre-consumo e plastica riciclata post-consumo ottenuta da reti da pesca dismesse, serbatoi per l’acqua e bottiglie in PET. Anche la carta utilizzata per le confezioni è realizzata con materiale riciclato al 100%.
Quest’anno Samsung ha anche lanciato una serie di accessori eco-compatibili, la Samsung Galaxy x MSFTSrep Sustainable Accessories Collection.
Un terzo ambito di azione di Samsung riguarda i caricabatterie per smartphone, con lo scopo di ridurre il loro consumo energetico in standby. Il consumo quando si lascia inserita la spina del caricatore dopo avere staccato il telefono, o dopo che il telefono ha raggiunto la piena carica, è una delle principali cause di spreco energetico. Samsung ha già ridotto il consumo energetico in standby su tutti i caricabatterie per smartphone a 0,02W e si sta impegnando per abbassarlo al di sotto di 0,005W entro il 2025 per arrivare al consumo zero come traguardo finale.
Questo obiettivo è in linea con il target delle zero emissioni nette di CO2 entro la fine del 2030 per la divisione Samsung Device eXperience.
Oggi solo il 15% degli smartphone viene riciclato, nonostante sia recuperabile il 96% dei materiali. Il riciclo di un singolo apparecchio evita ogni anno l’emissione di 0,8 kg di CO2 e il risparmio di 1 Kwh di energia, ma si fa ancora pochissimo perché, più sono miniaturizzate le apparecchiature, più sono complessi e costosi gli impianti in grado di smontare e recuperare i componenti.
Il quarto ambito di azione di “Galaxy for the Planet” agisce proprio su questo punto: l’obiettivo al 2025 è di eliminare i conferimenti in discarica e minimizzare la generazione di rifiuti in tutte le sedi dell’azienda adibite alla produzione di telefoni cellulari. Samsung cercherà anche di ridurre i rifiuti elettronici su scala globale, ottimizzando il ciclo di vita e migliorando i processi di design del prodotto e portando avanti iniziative di riutilizzo creativo come Galaxy Upcycling e i programmi Ricondizionato garantito e Scopri le opzioni di permuta. In questo modo, Samsung recupera materiali e risorse per nuove finalità,
Ovviamente, anche i consumatori possono fare la loro parte. La ricerca “Raee e Rpa. Livelli di conoscenza, opinioni e comportamenti. Cosa nascondono nei loro cassetti gli Italiani?” realizzata nel 2022 da Ipsos per conto di Erion su un campione di 1.400 italiani rivela che ognuno di noi ha in casa una media di 9 dispositivi inutilizzati o rotti. Il 63% degli intervistati si è liberato di almeno un rifiuto elettronico negli ultimi 12 mesi, ma 1 su 6 dichiara di averlo fatto in modo inappropriato, gettandolo nel sacco dell’indifferenziata, nel cassonetto stradale o nel bidone della plastica.