“Intelligenza artificiale e pace”, è il titolo del Messaggio del Papa per la Giornata mondiale della pace 2024.
Francesco coglie un’istanza decisiva per il futuro dell’umanità. Parlando ai vescovi italiani aveva detto che ci troviamo in un cambiamento d’epoca: per la prima volta nella storia umana, infatti, l’uomo può distruggere se stesso e l’intera vita del Pianeta, con la bomba nucleare, con la devastazione del creato ed oggi anche con le nuove tecnologie emergenti e convergenti (si intendono le nanotecnologie, le biotecnologie, le scienze cognitive e quelle digitali). Papa Francesco, con il Messaggio per la Pace, invita la comunità internazionale a un «trattato vincolante che regoli lo sviluppo e l’uso della intelligenza artificiale nelle sue molteplici forme» (8). Il Papa non solo ha ragione, ma è urgente farlo. Ricordo l’intervento di Papa Francesco in occasione della firma della “Rome Call for AI Ethics”, promossa dalla Pontificia Accademia per la Vita e sottoscritta anche da Bread Smith, presidente di Microsoft, dal vicepresidente di Ibm, dal segretario della Fao e dal ministro dell’Innovazione del governo italiano. Il manifesto chiede a tutti gli stakeholder e alla società civile nel suo complesso di adottare principi etici, pedagogici e giuridici nella realizzazione delle intelligenze artificiali. In quella occasione, il Papa usò il termine “algoretica” da contrapporre ad “algocrazia” (la dittatura degli algoritmi) e, tra l’altro, disse: «la denominazione di “intelligenza artificiale”, pur certamente di effetto, può rischiare di essere fuorviante. I termini occultano il fatto che – a dispetto dell’utile assolvimento di compiti servili (è il significato originario del termine “robot”) –, gli automatismi funzionali rimangono qualitativamente distanti dalle prerogative umane del sapere e dell’agire. E pertanto possono diventare socialmente pericolosi. È del resto già reale il rischio che l’uomo venga tecnologizzato, invece che la tecnica umanizzata: alle cosiddette “macchine intelligenti” vengono frettolosamente attribuite capacità che sono propriamente umane. Dobbiamo comprendere meglio che cosa significano, in questo contesto, l’intelligenza, la coscienza, l’emotività, l’intenzionalità affettiva e l’autonomia dell’agire morale. I dispositivi artificiali che simulano capacità umane, in realtà, sono privi di qualità umana. Occorre tenerne conto per orientare la regolamentazione del loro impiego, e la ricerca stessa, verso una interazione costruttiva ed equa tra gli esseri umani e le più recenti versioni di macchine». E aggiungeva: « Non basta la semplice educazione all’uso corretto delle nuove tecnologie: non sono infatti strumenti “neutrali”, perché, come abbiamo visto, plasmano il mondo e impegnano le coscienze sul piano dei valori. C’è bisogno di un’azione educativa più ampia». Tutti abbiamo assistito, negli ultimi mesi soprattutto, alla esplosione delle notizie, spesso allarmanti, sulla Intelligenza Artificiale. Quello che sino a poco tempo fa sembrava un argomento per tecnici riempie ormai le pagine dei quotidiani. È una nuova tecnologia che giocherà un ruolo decisivo nel prossimo futuro del pianeta. Se non viene utilizzata in modo responsabile ed etico, può giungere sino alla distruzione dell’umano. Se invece viene progettata e applicata eticamente avrà un impatto molto positivo sulla vita umana, compresa anche la pace. Un settore particolarmente delicato è quello militare. È di fatto il campo in cui l’evoluzione è altissima e continua con una velocità superiore a tutti gli altri settori della vita (quello educativo, sanitario…). Con l’intelligenza artificiale si possono compiere azioni militari senza un intervento umano diretto. Con i robot, ad esempio. E se questo non è ancora avvenuto in maniera completa è perché – così mi rispose un militare al quale avevo rivolto questa domanda – i robot costano troppo rispetto all’uomo. Ma già da oggi – alcuni esperti militari lo sostengono apertamente – in Ucraina si sta sperimentando un nuovo modo di fare la guerra, ad esempio, con sciami di droni… Il testo del Papa mette sull’allerta. Potremmo già chiederci se questa sperimentazione non contribuisca a far proseguire il conflitto. Le armi tecnologiche – queste soprattutto – si testano in guerra, non nel poligono di tiro. Senza aggiungere altri esempi basterebbe pensare ai satelliti armati – si comprende l’invasività dell’intelligenza artificiale nella vita del pianeta. Il tema diventa cruciale se si sposta su chi detiene il potere di queste nuove tecnologie. E come può esercitarlo. Si comprende l’urgenza non solo di una dimensione etica e giuridica, ma anche della organizzazione della società a livello planetario. Ovviamente non mancano gli aspetti decisamente positivi. Che vanno promossi e allargati. L’intelligenza artificiale può essere utilizzata per analizzare e prevedere potenziali conflitti a livello internazionale, permettendo agli attori rilevanti di intervenire in modo proattivo per prevenire l’escalation delle tensioni. Può essere anche un prezioso supporto alla diplomazia: tramite il monitoraggio e l’analisi delle relazioni internazionali, l’IA può fornire informazioni preziose ai diplomatici e ai responsabili politici per prendere decisioni informate e promuovere la pace. Il loro utilizzo può facilitare e migliorare la qualità della comunicazione e la comprensione tra diverse culture, superando le barriere linguistiche e culturali. Un esempio di tecnologia utilizzata in questo contesto è ChatGPT-4, che utilizza l’elaborazione del linguaggio naturale per facilitare la risoluzione delle controversie. Comprendendo il contesto delle conversazioni, il sistema può aiutare a ridurre i malintesi. In campo sanitario, ad esempio, l’intelligenza artificiale può essere utilizzata per analizzare grandi quantità di dati medici, per identificare modelli e tendenze utili per fare diagnosi importanti; può contribuire allo sviluppo di nuovi farmaci e di una medicina personalizzata. Può migliorare la vita nel pianeta applicandola alla gestione delle risorse idriche, prevenendo gli sprechi e identificando le fonti di inquinamento tramite sensori; può monitorare l’inquinamento atmosferico. Può essere preziosa per la conservazione della biodiversità; ottimizzare il consumo energetico, aiutare nella gestione dei rifiuti, ridurre gli sprechi nei processi industriali. Può contribuire significativamente alla salvaguardia ambientale in diversi modi, come anche l’utilizzo dello spazio attorno alla Terra e la conoscenza delle ricchezze che sono nel fondo marino: due ambiti quest’ultimi ancora non esplorati ma che tra qualche anno potranno condizionare la nostra vita. Quel che mi pare importante è il fatto che sia l’uomo a poter gestire questa nuova tecnologia. Bene fa il documento papale a parlare di “intelligenze artificiali” al plurale, per relativizzarne l’impatto e nello stesso tempo per favorire anche una sensibilità che coinvolga l’intera società. Per quel che riguarda la “Rome Call for AI Ethics”, un documento destinato a tutti, è stata firmata anche da ebrei e musulmani; nel prossimo luglio, a Hiroshima, in Giappone, sarà firmata anche dalle altre grandi religioni mondiali. Nel frattempo, hanno aderito trenta università americane e italiane e il 21 settembre scorso lo hanno firmato i rettori di 200 università dell’America Latina riuniti a Roma. È decisivo che si sviluppi una sensibilità etica e giuridica perché le nuove tecnologie siano al servizio dello sviluppo umano del Pianeta.
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