Confesercenti lancia un nuovo sondaggio. Tra le domande il livello di soddisfazione per i risultati raggiunti nel 2023, sia per i ricavi, che per i costi, che per il reperimento del personale. Cosa preoccupa per il 2024. Quali le strategie per il 2024.
«La propensione al risparmio delle famiglie è la più bassa degli ultimi 35 anni. I consumi saranno la chiave di questo 2024, senza la conferma, da parte del Governo, di taglio del cuneo e riforma del fisco, per il prossimo anno nel 2025 l’aumento del Pil si fermerà al +0,8%» afferma Confesercenti.
Questi due provvedimenti invece raddoppieranno la crescita dei consumi generando una spinta che rappresenterà più della metà della crescita complessiva dei consumi prevista per il 2024 (+10,9 miliardi di euro a livello nazionale). A stimarlo è il Cer ricerche per Confesercenti.
«La riduzione del cuneo contributivo deve diventare un provvedimento permanente – precisa il presidente provinciale di Confesercenti Giovanni Caso – sarebbe utile anche detassare gli aumenti retributivi cosa che permetterebbe alle famiglie di recuperare il potere d’acquisto perso a causa dell’inflazione».
Le misure di decontribuzione e la rimodulazione delle aliquote di imposta faranno scendere la pressione fiscale di mezzo punto, dal 42,2% al 41,7%, mettendo a disposizione delle famiglie lo spazio necessario per un aumento della spesa. A seguito di tali interventi, i consumi aumenteranno nell’anno in corso dell’1%.
I consumi hanno dato un contributo fondamentale alla crescita anche lo scorso anno. Ma per mantenere i livelli di spesa, le famiglie hanno risparmiato meno: la propensione al risparmio è scesa al 6,2% del reddito disponibile. Con una conferma dei provvedimenti anche nel 2025 la spesa delle famiglie aumenterebbe dello 0,7% con un Pil in crescita dell’1,1%. Un aumento che permetterebbe di recuperare finalmente, dopo ben 18 anni, i livelli dei consumi che si registravano prima della grande crisi finanziaria internazionale del 2007-2008.
Una mancata riconferma del provvedimento, dunque, sarebbe una notizia preoccupante per le imprese. In primo luogo, quelle del commercio al dettaglio che già scontano l’impatto dell’inflazione, che costringe le famiglie a spendere di più per comprare di meno: nel 2023 l’aumento dei prezzi ha portato, infatti, ad un incremento delle vendite del +1,5% in valore, con una flessione però del 2,2% in volume.
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