I quindici anni più difficili dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi. È con queste parole che l’Ufficio studi della Cgia Mestre si riferisce al periodo compreso fra il 2007 e il 2022, in un dettagliato studio su com’è cambiata l’attività industriale nel nostro Paese e nel resto d’Europa. Le sorprese non mancano, anche nel nostro territorio: innanzitutto, se il valore aggiunto reale dell’industria del Mezzogiorno è crollato del 27%, al Centro del 14,2%, a Nordovest dell’8,4%, il Nordest ha invece tenuto, con una crescita del +5,9%. Ma è a livello provinciale che si registrano le performance più interessanti: l’area di Forlì-Cesena, che si colloca al 33° posto nella graduatoria delle 107 province italiane per valore aggiunto dell’industria, a partire dalla più ‘manifatturiera’ (Milano) fino alla meno industrializzata (Isernia), nei quindici anni presi in esame ha compiuto un balzo in avanti pari a +45% per la crescita del valore aggiunto industriale (attualmente oltre quota 3 miliardi di euro). Numeri che collocano la nostra provincia fra quelle che fanno meglio in Italia, al quarto posto dopo Trieste, Bolzano e Parma: una vera e propria locomotiva della Romagna, insomma.

IMPRESE, SUPERATA LA GRANDE CRISI:”IN ROMAGNA NOI SIAMO CRESCIUTI DEL 45%”

L’intervallo di tempo analizzato – commenta Giovanni Giannini, vicepresidente Confindustria Romagna e presidente della delegazione Forlì-Cesena – è il periodo in cui si sono registrati i cambiamenti più rapidi e profondi della storia industriale recente: in 15 anni, dalla crisi finanziaria dei mutui subprime al Covid, il mondo è cambiato, ma la tenuta della nostra manifattura è una costante che fotografa la grande resilienza delle nostre imprese e il dinamismo del tessuto produttivo forlivese, cesenate e romagnolo. Dal canto nostro, grazie al Centro studi di Confindustria Romagna abbiamo rilevato che la ripresa successiva alla pandemia è risultata oltre ogni aspettativa per tutta l’industria locale, e i nostri dati estendono questa positività anche al 2022, nonostante la crisi delle materie prime e l’instabilità geopolitica che ha portato a guerre e tensioni tuttora in corso. Al momento stiamo analizzando i numeri del 2023, positivo fino al primo semestre“.

Cominciato con la grande recessione finanziaria del 2007-2009, il quindicennio preso in esame da Cgia Mestre è stato contrassegnato da un avvicendarsi di criticità che, da un lato, hanno messo a dura prova la tenuta delle imprese manifatturiere italiane e, dall’altro, hanno rafforzato quelle rimaste sul mercato. Criticità poi culminate nel biennio pandemico 2020-2021, che ha inciso sulla tenuta dell’economia in Italia e non solo: come sottolinea il rapporto, nessuna manifattura europea ha ancora recuperato il terreno perduto a causa della crisi sanitaria. Neppure il tempo di rifiatare, una volta contrastato efficacemente il virus, che una nuova batosta è arrivata, nel 2022, dal conflitto russo-ucraino, i cui esiti restano difficili da prevedere. Uno scenario di grande incertezza in cui, tuttavia, le eccellenze del ‘made in Italy’ riescono ancora a brillare, in particolare nei settori alimentare, arredamento-casa, moda e automazione: settori in cui la nostra provincia, in particolare grazie ai distretti del mobile e della nautica di Forlì e del calzaturiero di San Mauro Pascoli, è chiamata a difendere un primato che tutto il mondo ci invidia.

Riproduzione Il Resto del Carlino

Lascia un commento