Shein si allontana da Wall Street. Come scrive il Guardian, il ministro delle Finanze britannico Jeremy Hunt avrebbe incontrato Donald Tang, presidente esecutivo del rivenditore cinese di fast fashion, per discutere di una potenziale quotazione a Londra dopo i problemi riscontrati alla Borsa statunitense.
Perché Shein si potrebbe quotare a Londra
Anche se, come riporta Bloomberg, Shein starebbe ancora lavorando alla sua richiesta di quotazione negli Stati Uniti, la società fondata nel 2008 da Chris Xu a Nanchino ritiene improbabile che la Securities and Exchange Commission (la Consob americana) approvi la sua offerta pubblica iniziale.
Tra quelli che si oppongono c’è il senatore Marco Rubio, che ha chiesto alla Sec di bloccare la quotazione, affermando che la società ha bisogno di spiegare di più sulle sue operazioni in Cina. L’anno scorso, inoltre, un membro del Congresso degli Stati Uniti ha chiesto un’indagine sulla fornitura di cotone di Shein dallo Xinjiang, in violazione della legge che difende la minoranza Uiguri dal lavoro forzato.
L’interesse del Regno Unito
L’interesse del Regno Unito nell’operazione è evidente: “Abbiamo sviluppato riforme per promuovere il Regno Unito come destinazione per le Ipo, incluso rendere più semplice per le aziende quotarsi più rapidamente”, ha dichiarato un portavoce del Tesoro.
Qualora l’operazione andasse in porto, inoltre, si concretizzerebbe una delle più grandi quotazioni societarie di Londra, dando un forte impulso al Paese come centro finanziario globale rispetto al Nasdaq di New York, dopo uno degli anni peggiori per le quotazioni (per Bloomberg lo scorso anno nel Regno Unito è stato raccolto circa 1 miliardo di dollari tramite Ipo, il livello più basso degli ultimi decenni).
Shein sotto accusa
Qualora decidesse di passare a Londra, comunque, Shein dovrebbe presentare una nuova richiesta di quotazione all’estero alle autorità di regolamentazione cinesi. Oltre alla capitale britannica, intanto, si aggiungono Hong Kong e Singapore alle possibili località per il listing.
A ottobre 2022, dopo un’inchiesta della rete televisiva inglese Channel 4, è emerso che i lavoratori di Shein ricevevano 4 centesimi a capo, a fronte di una produzione di almeno 500 al giorno, e lavorava 18 ore al giorno. Avevano un solo giorno libero al mese e durante la giornata non era prevista nessuna pausa
La video inchiesta, dal titolo Shein Untold: inside the Shein Machine, aveva rivelato inoltre che lo stipendio mensile era di circa 4mila yuan (circa 550 euro).
Shein nel mercato del fast fashion
Fondata in Cina, ma con sede a Singapore, la società di fast fashion spedisce la maggior parte degli ordini dai suoi magazzini in Cina e nel 2021, grazie soprattutto alla generazione Z, è diventata l’app di shopping più scaricata su Android e iOS negli Stati Uniti, spodestando Amazon.
Quando lo scorso anno aveva presentato istanza di Ipo negli Stati Uniti, Shein aveva l’obiettivo di raggiungere una valutazione compresa tra 80 e 90 miliardi di dollari. Le operazioni private alla fine del 2023 valutavano invece la società circa 50 miliardi di dollari.
Il fondatore
A fondare Shein è il miliardario Xu Yangtian, noto anche come Chris Xu, che secondo Forbes ha un patrimonio di 11,2 miliari di dollari.
Xu, tra gli uomini più ricchi della Cina, ha tenuto finora un profilo basso, tanto che i dipendenti di Shein scherzano dicendo che, talvolta, rischiano di non riconoscerlo in ufficio. Il miliardario è infatti molto meno conosciuto di personaggi come Jack Ma di Alibaba o Pony Ma di Tencent: rifiuta le interviste e raramente commenta in pubblico.
I media cinesi lo descrivono come uno studente di origini povere, che ha dovuto lavorare per mantenersi durante il college. Qui ha sviluppato un’abilità con l’ottimizzazione dei motori di ricerca. Nel 2008 ha fondato un’azienda di commercio elettronico transfrontaliero, Nanjing Dianwei Information Technology. Oggi vive a Singapore.
Fonte: Forbs, Roberta Maddalena, 27/02/2024, https://forbes.it/2024/02/27/shein-verso-quotazione-londra/