I relatori della terza edizione del convegno “Future for Fashion”, organizzato da Confindustria Toscana Centro e Costa e dal Centro di Firenze per la moda italiana (Cfmi) lanciano una richiesta di aiuto: «Sgravi fiscali, incentivi alle aggregazioni e per la formazione»

In una fase del mercato non brillante, pressata dall’aumento dei costi di produzione e dai cambi di gusti dei consumatori, il settore della moda torna a chiedere al governo una politica industriale per migliorare la competitività delle aziende e aiutarle a crescere in dimensioni e in valore, come ha fatto, guarda caso, la Francia.

Alla terza edizione del convegno “Future for Fashion”, organizzato a Firenze, nella Sala Bianca di Palazzo Pitti, dalla neo-nata Confindustria Toscana Centro e Costa (Firenze, Livorno, Massa, Carrara) e dal Centro di Firenze per la moda italiana (Cfmi), i problemi delle filiere produttive si sono intrecciati con quelli della formazione (e dunque della difficoltà nel reperire personale) e con i rapporti di forza tra brand e fornitori. E dai relatori è arrivata la richiesta di aiuto.

«Ci aspetta un periodo impegnativo e sfidante – ha affermato Maurizio Bigazzi, presidente di Confindustria Toscana Centro e Costa – e mai come ora c’è bisogno di politica industriale per affrontare il futuro. Abbiamo bisogno di un sistema-Paese che sappia interfacciare l’innovazione continua delle aziende perché la manifattura è la sala macchine del Pil e del benessere. E la moda rappresenta quella “golden economy” che consentirà all’Italia, e a Firenze, di restare protagonisti nell’economia globale». Una strategia «per aiutare la manifattura e le catene di fornitura» è invocata anche da Flavio Sciuccati, senior partner di The European House-Ambrosetti e direttore della divisione Fashion e Luxury: «Ogni volta che vedo un brand italiano che prende la via dell’estero e va in un Paese diverso dalla Francia – ha spiegato – mi viene la tristezza. Servirebbe una regìa del settore fatta dal governo, basta pensare al supporto che viene dato ai grandi gruppi francesi».

In Italia il supporto, secondo Sciuccati, servirebbe ad esempio per facilitare le aggregazioni tra piccole imprese: «A oggi queste aggregazioni non hanno alcun incentivo fiscale». Ne sa qualcosa Luca Sburlati, amministratore delegato della torinese Pattern che è stata tra i primi ad aggregare aziende terziste con capitali propri «senza il sostegno di fondi d’investimento», ha spiegato sottolineando la «mancanza di una politica industriale» per cercare di mantenere le capacità artigianali e stimolare le nuove capacità digitali.

La valorizzazione delle capacità artigianali tocca da vicino anche un produttore tessile come la pratese Manteco: «Il governo potrebbe aiutarci a snellire la burocrazia – ha detto il ceo Matteo Mantellassi – e potrebbe aiutare con sovvenzioni e detassazioni nella valorizzazione dei mestieri artigiani». Quei mestieri che i giovani, è stato il leit motiv del convegno, non vogliono più fare, e che invece, come ha spiegato Stefania Lazzaroni, direttrice generale di Altagamma, saranno molto richiesti nei prossimi anni dal settore del lusso: «Sarebbe bello se tutti insieme creassimo una campagna sull’intelligenza artigianale per promuovere i mestieri della moda», ha detto.

Il convegno, infine, ha offerto anche l’occasione agli studenti delle scuole di moda di confrontarsi con esperti del settore (Sara Sozzani, Matteo Ward e Angelo Figus) e condividere progetti e tendenze moda.

Riproduzione “Il Sole 24 Ore”

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