La spesa per l’intelligenza artificiale delle aziende attive nell’area Emea crescerà quest’anno del 61% rispetto al 2023, con il 97% delle organizzazioni pronte a confermare di aver già avviato investimenti nell’ambito dell’AI generativa a supporto di strategie e processi o di essere intenzionate a farlo. Bastano di fatto queste due percentuali a dare l’idea dell’atteggiamento delle imprese del Vecchio Continente nei confronti di una tecnologia ormai assunta al ruolo di “fattore trasformativo” (per processi, modelli di business e professioni) e che il 40% degli executive considera, lapalissianamente, un “fattore di cambiamento”. La ricerca “CIO PlayBook 2024: It’s all About Smarter AI” che Idc ha condotto su scala internazionale per conto di Lenovo, intervistando circa 600 figure decisionali (fra responsabili IT e C-Suite) di organizzazioni attive in diversi settori verticali, ha fatto il punto sullo stato di adozione dell’intelligenza artificiale in azienda e ha ribadito come a beneficiare (e in modo omogeneo) di una significativa crescita dei budget nel corso dell’anno saranno tutte le declinazioni delle tecnologie degli algoritmi, dall’AI generativa a quella interpretativa per arrivare al machine learning.
La corsa agli investimenti: Italia fra Gen AI e spesa per gli Hpc
L’apprezzamento per l’intelligenza artificiale, si legge nella nota che accompagna il rapporto, varia da Paese a Paese e i Cio francesi e olandesi si dimostrano i più propensi a considerare l’AI una tecnologia “game changing” (lo pensa così oltre la metà del campione intervistato), mentre i Chief Information Officer delle aziende mediorientali sono al momento quelli più prudenti (solo il 30% sta già lavorando in tal senso). L’Italia si distingue per un dato in particolare, e specificatamente per la percentuale più alta (pari al 68%, allo stesso livello dell’Olanda) di aziende che hanno già effettuato investimenti in intelligenza artificiale generativa mentre le imprese danesi sono quelle più propense (nel 64% dei casi) a farlo in futuro. Il nostro Paese, come ha confermato al Sole24ore.com il presidente della divisione Infrastructure Solutions Group di Lenovo a livello Emea, Giovanni Di Filippo, è in effetti fra i più ricettivi verso le tecnologie emergenti ed è anche l’unico dell’area Emea ad indicare l’AI in cime alla lista delle priorità per quanto riguarda la spesa in tecnologia. A trainare la crescita del mercato nazionale, spiega Di Filippo, sono soprattutto i progetti di Università e centri di ricerca scientifica in ambito Hpc (High Perfromance Computing), e quindi i sistemi di calcolo (CPU e GPU, che valgono circa il 50% dei budget) e i servizi di manutenzione e gestione delle infrastrutture It alla base delle applicazioni di intelligenza artificiale. Se guardiamo ai numeri, i dati raccolti dall’Osservatorio del Politecnico di Milano (che stimano in 760 milioni di euro il giro d’affari dell’AI nel 2023) trovano corrispondenza nelle rilevazioni di Idc, proiettando il valore degli investimenti per l’anno in corso oltre quota un miliardo di dire, in virtù di una crescita stimata nell’ordine del 40%. E una buona fetta di questa spesa, come detto, sarà destinata alla componente infrastrutturale.
Manufacturing e financial service fra i settori più “caldi”
La marcata attenzione verso le applicazioni della Gen AI rivolte direttamente ai clienti finali (e quindi servizi di sales & marketing e customer interaction) e la consapevolezza di dover ammodernare le risorse informatiche che devono supportare il lavoro degli algoritmi sono, in generale, i due principali filoni di investimento dei settori verticali più attenti a sfruttare le capacità dell’intelligenza artificiale, vale a dire financial services, retail, manufacturing (in particolare l’automotive), telecomunicazioni, Oil & Gas e Pubblica Amministrazione. L’interesse per l’AI varia quindi in relazione ai diversi segmenti di mercato anche se la maggioranza dei CIO interpellati è concorde nel ribadirne il potenziale. Spicca, in ogni caso, il dato che vede le aziende del settore manifatturiero essere fra le più entusiaste nei confronti del fenomeno (il 47% del campione Emea considera la tecnologia un “game changer”) mentre molto più “tiepide” si rivelano le telcos (la percentuale scende al 22%). Sulla Gen AI, invece, si registra un buon approccio delle pubbliche amministrazioni, con il 50% degli enti che si sta muovendo in questa direzione, ma i settori guida nel processo di adozione sono le Tlc e il comparto dei servizi finanziari e assicurativi.
Come si implementa l’AI e la visione di Ceo e Cio
Stando al rapporto di Idc, le aziende dell’area Emea prevedono di implementare strategie di AI privilegiando il cloud ibrido (succede nel 48% dei casi) o il cloud privato (nel 24%), mentre solo il 17% è convinto che la strada migliore sia il modello della nuvola pubblica. “Le applicazioni di intelligenza artificiale in ambito aziendale – precisa in merito Di Filippo – sono normalmente residenti on premise (presso i server dell’azienda, ndr) per ragioni legate alla sovranità e alla sicurezza dei dati. Potenzialmente tutte le imprese, anche le Pmi, possono permettersi l’AI sposando il modello cloud, attraverso le piattaforme delle varie Microsoft, AWS o Google oppure adottando soluzioni ibride”. La visione di Lenovo, che in tema di innovazione legata all’AI ha ufficializzato lo scorso agosto un ulteriore investimento da un miliardo di dollari, si articola non a caso su tre livelli: la Personal AI, la Private AI e la Public AI. Il primo riguarda il personal device con le informazioni residenti in locale (il notebook), il secondo è l’implementazione on premise della tecnologia degli algoritmi sui server dell’azienda e il terzo prevede per l’appunto il ricorso ai cloud service provider. Interessante, a detta del manager di Lenovo, anche la diversa visione fra i vertici aziendali in materia di AI. «I Ceo vogliono salire sul treno dell’intelligenza artificiale perché ne vedono le opportunità di business, mentre i Cio hanno l’onere di implementarla e chiedono risorse, talenti, budget, competenze. In ogni caso, le aziende hanno capito a fondo l’importanza di questa tecnologia e stanno iniziando a investire massicciamente, anche grazie alla spinta esercitata dalla Gen Z».
Quante aziende italiane sono pronte per la Gen AI?
La principale sfida tecnologica per cavalcare la rivoluzione dell’AI generativa, citata dal 40% dei Cio intervistati, è rappresentata dai limiti di capacità dei modelli di dati necessari per far lavorare gli algoritmi, che possono richiedere grandi quantità di potenza di calcolo. Seguono quindi (nel 37% dei casi) i timori relativi al potenziale uso improprio della tecnologia e alle possibilità che questa fornisca informazioni errate ed altrettanto sentite sono la ricerca di una piattaforma dati affidabile (voce citata dal 36% degli intervistati) e la dipendenza da terzi (35%) per lo sviluppo della Gen AI. Ma quante grandi aziende italiane sono realmente pronte, dal punto di vista dell’infrastruttura It, ad utilizzare “seriamente” l’AI generativa utilizzando come fonte i propri dati? A precisa domanda, Di Filippo ammette la difficoltà nel poter rispondere. C’è però un indicatore che lascia intendere lo scenario: nell’ultimo trimestre gli ordini processati dalla divisione ISG di Lenovo per le soluzioni HPC destinate all’AI sono arrivati al 50% del business totale, a dicembre 2023 questo dato era attestato al 20% e quattro anni fa era al 4%. «Numeri che ci dicono – conclude il manager – che gli investimenti sono orientati all’intelligenza artificiale, e tale tendenza si riflette anche in Italia: l’AI sarà la nuova priorità di tutta l’organizzazione e se l’approccio migliore per favorirne l’adozione è top down è chiaro a tutti che il grado di adattabilità delle all’uso di questa tecnologia potrà fare la differenza».
Fonte: Il Sole 24 Ore, di Gianni Rusconi, 22 marzo 2024, https://www.ilsole24ore.com/art/di-filippo-lenovo-l-ai-e-tutti-cloud-e-strada-e-gen-z-ne-spingera-l-adozione-AFlGQ59C