Non senza difficoltà, il secondo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione Europea è ufficialmente iniziato . Ora, le aspettative sono alte per l’adozione di provvedimenti chiave, tra cui il tanto atteso Clean Industrial Act. In questo scenario, il “Rapporto Draghi“, che si presenta come il manifesto della nuova legislatura europea, sembra aver delineato una strada chiara, enfatizzando la centralità della neutralità tecnologica nella transizione energetica. Questo cambio di rotta, tanto auspicato da più parti, è supportato anche da UPEI (l’associazione che rappresenta i commercianti indipendenti di carburanti in Europa), che nel suo ultimo policy paper invita a un approccio “agile, equo e giusto”, capace di sfruttare appieno il potenziale delle tecnologie mature e disponibili.
Sebbene non sia ancora chiaro quanto delle proposte contenute nel “Rapporto Draghi” verrà effettivamente implementato, c’è un punto sul quale l’Unione Europea non sembra intenzionata a fare passi indietro: la sostenibilità. In questo contesto, un approccio proattivo alla sostenibilità diventa sempre più cruciale non solo per le grandi imprese, ma anche per le piccole e medie imprese (PMI), la cui competitività dipenderà dalla loro capacità di adattarsi alle nuove sfide ambientali e normative.
La recente introduzione della Direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), recepita in Italia con il Decreto Legislativo del 6 settembre 2024, ha segnato un passo significativo nell’indirizzare le imprese verso una maggiore trasparenza nella rendicontazione delle proprie performance ambientali, sociali e di governance (ESG). Questa normativa, inizialmente applicata alle grandi imprese, si estenderà progressivamente alle PMI quotate a partire dal 1° gennaio 2027. L’obiettivo è chiaro: promuovere pratiche aziendali più sostenibili attraverso la pubblicazione di dati accurati sugli impatti ESG.
Anche se le PMI non sono ancora direttamente soggette agli obblighi di rendicontazione previsti dalla CSRD, non potranno rimanere indifferenti alla crescente evoluzione normativa. Le grandi imprese, infatti, saranno obbligate a monitorare le emissioni lungo tutta la loro catena del valore, e ciò comporterà una richiesta di dati dettagliati anche alle PMI che di questa catena fanno parte.
Inoltre, le banche devono conformarsi non solo alla CSRD ma anche al Regolamento SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) e alla Tassonomia Europea. In questo contesto, le imprese si trovano ad affrontare un cambiamento sostanziale: le banche non solo sono obbligate a considerare le performance ESG dei propri clienti, ma basano anche le condizioni di accesso al credito su tali performance. In altri termini, a seconda del livello di sostenibilità dimostrato, le imprese potrebbero ricevere condizioni di finanziamento più favorevoli o, al contrario, vedersi applicare tassi di interesse più alti e restrizioni più severe.
Già oggi le PMI del settore carburanti si trovano a dover affrontare un dilemma legato alla mancanza di un sistema di valutazione ESG che tenga conto delle peculiarità del loro business. Le banche, infatti, sottopongono loro dei questionari ESG generici, non sempre adatti a cogliere le specificità del settore. Questo può portare a una valutazione imprecisa del loro potenziale in termini di sostenibilità, con il rischio di ottenere tassi di interesse più elevati o di incorrere in difficoltà nell’accesso al credito.
Per affrontare questa problematica, Assopetroli-Assoenergia (l’associazione che rappresenta le PMI italiane del settore della distribuzione dei carburanti e dei servizi per l’efficienza energetica, membro di Confcommercio e co-fondatrice di UPEI), ha avviato un progetto che prevede la creazione di un gruppo di lavoro per sviluppare un questionario ESG specifico per il settore dei carburanti. Questo strumento consentirà alle banche di ottenere una valutazione più accurata, garantendo una rappresentazione più equa del contributo del settore alla sostenibilità.
La transizione verso pratiche sostenibili, sebbene impegnativa, offre anche un’opportunità per le PMI di innovare e differenziarsi. Le imprese che sapranno adottare soluzioni per il monitoraggio delle emissioni e che si prepareranno tempestivamente a rispondere alle nuove richieste normative e di mercato potranno ottenere vantaggi competitivi. Nonostante molte PMI abbiano già avviato iniziative sostenibili, spesso manca una sistematizzazione che consenta di tradurre questi sforzi in documenti strutturati come il bilancio di sostenibilità.
Un esempio di tecnologia innovativa che potrebbe giocare un ruolo fondamentale in questo processo è il Digital Fuel Twin, sviluppato da Bosch. Questa soluzione permette di certificare le riduzioni di CO2 ottenute attraverso l’uso di carburanti rinnovabili, offrendo vantaggi significativi per le imprese che devono rendicontare le proprie performance ESG. Inoltre, i distributori di carburanti potrebbero differenziarsi sul mercato offrendo ai propri clienti certificazioni di sostenibilità.
Non va dimenticato che la sostenibilità non dovrebbe essere vista come un obbligo, ma come una straordinaria opportunità strategica. Le imprese che sapranno integrare la sostenibilità nella loro strategia aziendale, utilizzando gli strumenti giusti per monitorare e rendicontare le proprie performance ESG, non solo risponderanno alle richieste normative e di mercato, ma potranno anche trarne vantaggio in termini di reputazione, accesso al credito e nuove opportunità di business.
Investire in soluzioni tecnologiche per il monitoraggio delle emissioni e rendere la sostenibilità parte integrante della propria strategia aziendale non è solo una necessità normativa, ma una scelta strategica che potrà portare valore a lungo termine, contribuendo al successo e alla resilienza delle PMI in un mercato sempre più orientato alla sostenibilità.
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