Medicina tradizionale e tecnologica sono sempre più legate a doppio filo, correndo ormai da anni di pari passo come dimostrano i grandi progressi fatti in robotica che trovano applicazioni non solo nella diagnosi, ma anche in ambito operatorio. Ma quantdo si parla di utilizzo dell’intelligenza artificiale le cose si fanno più complesse, soprattutto se in ballo ci sono strumenti di uso comune come ChatGPT. A questo proposito c’è un caso emblematico che sta facendo discutere la comunità scientifica: la storia del piccolo Alex, un bambino che ha trovato la guarigione grazie all’intervento dell’intelligenza artificiale, dopo anni di diagnosi incomplete e sofferenze.

Il caso, portato all’attenzione del pubblico da Matteo Bassetti, direttore delle Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova, racconta una storia che ha dell’incredibile: la madre del bambino, dopo aver consultato ben 17 specialisti senza ottenere risposte soddisfacenti, ha deciso di affidarsi a ChatGPT. Il sistema AI, analizzando i sintomi e i dati della risonanza magnetica, è stato in grado di identificare una patologia rara: la sindrome del midollo ancorato, una condizione in cui il midollo spinale aderisce ai tessuti circostanti, provocando dolore e problematiche neurologiche. La diagnosi è stata successivamente confermata da un neurochirurgo, che ha potuto procedere con l’intervento risolutivo.

Forse un caso più unico che raro, probabilmente poco ripetibile, ma che sta facendo discutere e riflettere. C’è da dire che numerosi studi e ricerche stanno evidenziando le potenzialità dell’intelligenza artificiale in ambito medico, e non parliamo di strumenti appositamente creati ma dei chatbot a cui ormai ci affidiamo ogni giorno. Un recente studio dell’Università di Stanford, pubblicato su JAMA Network Open, ha dimostrato come ChatGPT-4 abbia raggiunto prestazioni superiori rispetto ai medici nella diagnosi di condizioni cliniche, con un’accuratezza del 90% contro il 74% dei medici che non utilizzavano supporti tecnologici.

Particolarmente significativi sono i progressi in ambito cardiologico, come evidenziato dal primo Documento di Consenso italiano sull’impiego dell’AI in cardiologia, presentato dalla Società Italiana di Cardiologia (SIC). Il professor Ciro Indolfi, past-president della SIC e professore straordinario di Cardiologia all’Università di Cosenza, ha sottolineato come l’AI stia dimostrando risultati promettenti nella diagnosi precoce dell’infarto, con un’accuratezza del 99% e tempi di valutazione quattro volte più rapidi rispetto all’analisi umana.

Uno studio pubblicato su Nature Medicine, che ha coinvolto circa 16.000 pazienti, ha evidenziato come l’utilizzo dell’AI nell’analisi degli elettrocardiogrammi possa ridurre la mortalità a tre mesi del 31%, identificando con maggiore precisione i casi a rischio elevato. L’intelligenza artificiale sta dimostrando la sua efficacia anche nell’analisi di esami Holter, nel telemonitoraggio di pazienti con defibrillatori impiantabili e nell’interpretazione di ecocardiografie, risonanze magnetiche e TAC, raggiungendo un’accuratezza superiore al 98% nell’identificazione di trombi e calcificazioni.

Sembra davvero che i vantaggi siano decisamente concreti, ma non mancano alcune criticità, una su tutte l’ostracismo da parte dei professionisti in ambito sanitario: lo studio di Stanford ha evidenziato una certa resistenza da parte dei medici nell’accettare diagnosi alternative proposte dall’AI, oltre a una diffusa difficoltà nell’utilizzo ottimale di questi strumenti tecnologici. Al momento manca una reale preparazione dei medici, ma soprattutto non esistono strumenti ufficiali adottati in ambito ospedaliero. Tuttavia, questi risultati potrebbero dare il via a un processo di innovazione e di maggior coesistenza tra le diagnosi umana e quella operata dall’intelligenza artificiale.

Per adesso l’AI non sostituirà il nostro medico, ma sempre più evidenze ci dicono che potrebbe rappresentare un prezioso alleato in grado di migliorare l’accuratezza diagnostica e anche l’efficienza delle cure. Vale come sempre la pena ricordare che l’autodiagnosi, anche se effettuata con l’ausilio di un chatbot di ultima generazione, resta sempre una pratica sconsigliata, e che in caso di dubbi o sintomi particolari è sempre bene rivolgersi a personale medico preparato.

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AI in medicina: ChatGPT diagnostica malattia rara sfuggita a 17 esperti

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