L’industria aeronautica e aerospaziale italiana pesa in modo significativo sul Pil, generando un fatturato annuo di 13 miliardi di euro (così iCribis). In media un produttore su tre degli oltre 300 del settore si trova nell’Italia nord-occidentale (32,6%), il 24,7% nel Sud, il 20,9% al Centro, il 19,9% nel Nord-Est e il restante 1,9% nelle isole. In vetta sta la Lombardia, con il 20,5% delle imprese produttrici di aerei e veicoli spaziali. Seguono Campania (14,3%), Lazio (13,4%), Piemonte (9,4%), Emilia-Romagna (7,2%) e Puglia (6,2%).
Proprio in Puglia ha preso forma una filiera dell’aerospazio che va dalla componentistica ai software, dal 2009 identificata come Distretto Tecnologico Aerospaziale. Al Dta, capitanato da Giuseppe Acierno, aderiscono tre università pugliesi (Università del Salento, Università di Bari e Politecnico di Bari), due centri di ricerca pubblici e due privati, grandi imprese, tra cui Leonardo, Avio Aero e Sitael, e diverse piccole e medie imprese.
Tutto questo accade lungo l’asse Brindisi-Taranto, anche se le attività di produzione e ricerca sono ormai diffuse nell’intera regione, con faro a Bari e Grottaglie. Un patrimonio collettivo che sta facendo crescere Pil, export, addetti, imprese, brevetti, laboratori, investimenti in ricerca e sviluppo, cattedre, assegni di ricerca, dottorati. Tradotto in cifre, il comparto aerospaziale pugliese vale 1,5 miliardi di euro di fatturato, l’export supera i 340 milioni (dati 2021). Sono 7.500 i dipendenti e 500 i ricercatori. Più aziende – in testa Deloitte, Ernst & Young, Accenture e Lutech – hanno annunciato un piano di assunzione di circa seimila giovani, e già si pregusta il rimpatrio di laureati e ragazzi con competenze nel settore.
Riprodotto da Forbes