Difesa, sicurezza delle orbite e basso impatto ambientale sono i nuovi pilastri del gruppo italiano specializzato nei lanciatori spaziali

Il mio papà spedisce cose nello spazio”. Manfredi, dieci anni, risponde sempre così quando la maestra gli chiede che lavoro facciano i genitori. Non è difficile immaginare l’insegnante incredula, se non preoccupata, quando decide di convocarlo, il papà di Manfredi.

L’ho tranquillizzata – spiega oggi e con un sorriso Giulio Ranzo – sebbene abbia molta fantasia, mio figlio ha ragione: lanciare oggetti oltre l’atmosfera è quello di cui mi occupo”. E con buona pace della maestra, quello di Ranzo sembra un lavoro scritto nel destino: classe 1971, romano e laureato in Ingegneria civile, Ranzo ha una madre che all’Università insegnava Meccanica del volo spaziale – “ai tempi una delle poche in Italia” – e dal 2 ottobre del 2015, con tre mandati consecutivi, l’ultimo dei quali ottenuto con l’86% dei voti nell’assemblea dei soci lo scorso 28 aprile, è amministratore delegato di Avio, gruppo internazionale specializzato nella realizzazione e nello sviluppo di lanciatori e di sistemi di propulsione solida e liquida per il trasporto spaziale.

Una descrizione che suonerebbe roboante, se non sminuisse quello che oggi il gruppo con sede a Colleferro, alle porte di Roma, rappresenta per l’industria italiana tout court: la capacità di espandersi anche oltre le aspettative degli osservatori più accorti, intercettando le possibilità nascenti di un settore, quello della space economy, a sua volta in crescita repentina. Una capacità dimostrata più volte nei cento anni dell’azienda.

La storia

Fondata nel 1912 da Giovanni Bombrini e da Leopoldo Parodi Delfino con lo scopo principale di produrre polvere da sparo ed esplosivi – conferma Ranzo – verso la metà degli anni 60 l’azienda si è trasformata: da un business orientato alla difesa ha abbracciato il settore spaziale, in quel momento nascente. La considero un’intuizione geniale, un passaggio storico che dalla chimica degli esplosivi ha portato a quella dei propellenti e, via via, allo sviluppo dei sottosistemi propulsivi dei primi razzi”.

È una descrizione appropriata anche alla luce di una nuova fase della storia di Avio, inaugurata nei mesi recenti e fondata su due pilastri: difesa e sostenibilità. Sono direttrici che in concreto si traducono nella produzione di missili e lanciatori spaziali, tecnologie per ambiti antitetici sotto molti punti di vista, ma entrambi in cima alle priorità internazionali. Avio produrrà sistemi antimissile da montare sulle nostre navi e svilupperà lanciatori a ridotto impatto ambientale e missioni deputate a ripulire le orbite prossime alla Terra, la frontiera su cui costruire un futuro migliore per tutti.

Come dicevo, per noi supportare la Difesa non è una novità – spiega Ranzo – abbiamo sempre realizzato propulsori per missili tattici. Nell’ultimo decennio la richiesta si era ridotta; oggi, e da prima che scoppiasse il conflitto in Ucraina, la domanda di sistemi per difendersi da attacchi missilistici è aumentata in modo corposo. Il know how e i nostri equipaggiamenti produttivi ci permettono di soddisfarla”. Significa che Avio, a fronte di due contratti da 190 milioni di euro in tutto, fornirà i propulsori per i nuovi missili da contraerea Camm-er a Mbda, il consorzio fra Airbus e Bae Systems (37,5% ciascuno) con socio al 25% Leonardo. “Sono già in produzione. E con la tradizionale linea dedicata agli Aster-30, un sistema supersonico a due stadi, contribuiranno a ricostituire gli arsenali europei, in calo per la guerra”.

Sono armi difensive, vero, ma anche l’indice di un progressivo inasprimento delle relazioni internazionali. “Credo bastino l’annuncio della Germania di voler investire 100 miliardi nella difesa, e il non dissimile atteggiamento francese, a testimoniare la corsa globale al riarmo – dice Ranzo -. Sarebbe ingenuo non vedere come, sbriciolatasi l’idea di fratellanza globale, il mondo stia riconfigurandosi: da una parte i Paesi legati alla Nato, dall’altra un’alternativa, con Cina, Russia, Brasile e India come primi attori. La difesa gioca un ruolo diverso rispetto alla storia recente. Eravamo convinti le guerre si fossero trasferite nel digitale; la realtà racconta la persistenza degli scontri convenzionali”.

Non è un caso se le commissioni della difesa oggi rappresentino il 15% dei ricavi di Avio (di 357,3 milioni nel 2022, un incremento del 14,6% anno su anno), ma con la prospettiva che la percentuale cresca fino “al 25% in tre, quattro anni”.

Sguardo al futuro

Per il gruppo guidato da Ranzo le attività per la difesa concretizzano una diversificazione del rischio in un momento in cui la Borsa, il rischio, lo evita. Da gennaio a inizio maggio, il titolo Avio – nel segmento Star della Borsa Italiana – ha registrato un calo del 5,11%. I ricavi nel primo trimestre del 2023 ammontano a 59,8 milioni di euro, un -9,2% anno su anno. Sebbene l’azienda imputi la contrazione al rallentamento della produzione del motore P120 – che costituirà i booster del lanciatore pesante Ariane 6, in ritardo di due anni – non è da escludere la Borsa abbia reagito al failure della prima missione commerciale di Vega Cl’ultimo nato negli stabilimenti di Colleferro che, deputato a spedire carichi fino a 2200 chilogrammi in orbita bassa, lo scorso dicembre è finito nell’oceano Atlantico pochi minuti dopo il decollo dallo spazioporto europeo della Guyana Francese. Sebbene è previsto che il lanciatore torni sulla rampa entro fine anno, il suo calendario, a oggi costituito da 21 ordini, ha subito inevitabili rinvii e un significativo rallentamento.

Non che i numeri sembrino destare preoccupazioni, anzi: con un portafoglio ordini di un miliardo e 266 milioni di euro (+ 24,9% rispetto a dicembre 2022) – “è il risultato più alto nella storia di Avio” sottolinea Ranzo – e sebbene si prevedano ricavi in calo fino a 330/350 milioni, la guidance 2023 stima un utile netto di 2,6 milioni di euro, il doppio rispetto all’anno scorso.

È anche significativo che il gruppo, che dal 2015 è passato da 750 a 1.200 dipendenti, oggi punti ad attrarre finanziatori privati: “il nostro azionariato cambia, sta irrobustendosi. Il mordi e fuggi dei fondi di investimento, che dopo sei mesi escono, non funziona. In questo settore è il lungo periodo a pagare e ritengo positivo che per il 25% ci sostengano risparmiatori e persone fisiche. Perché imprenditori e risparmiatori privati hanno un orizzonte temporale ampio nelle loro strategie di investimento”.

Un tema, quello delle prospettive a lungo termine, che evoca il secondo pilastro del “nuovo corso” di Avio: la sostenibilità dello spazio. “Per noi è una questione fondamentale” chiosa Ranzo, che dal 2012, con i propri Vega, ha lanciato più di un satellite rivelatosi cruciale per il benessere comune, in particolare quelli per l’osservazione della Terra dell’Agenzia spaziale europea e della Commissione Ue.

Stiamo lavorandoci su due fronti: il primo è contrastare il sovraffollamento delle orbite, in particolare quelle più prossime alla Terra, che necessitano con fretta crescente la rimozione dei detriti. Vega fu dapprincipio concepito per essere compatibile con i servizi orbitali, dal refueling di satelliti operativi alla rimozione di quelli a ‘fine vita’. Finalmente stiamo arrivando al dunque: nel 2026, per l’Esa, lanceremo una missione con un sistema, realizzato dalla svizzera Clearspace, capace di riportare un detrito nella nostra atmosfera”.

L’altro versante è quello ecologico e prevede l’utilizzo di lanciatori a basso impatto ambientale, ma anche lo sviluppo di tecnologie riutilizzabili: “abbiamo già testato con successo l’M10, il primo propulsore europeo a metano e ossigeno liquidi. Con un finanziamento del Pnrr di 400 milioni, realizzeremo un prototipo di razzo e due voli sperimentali entro due anni”.

Il nuovo motore spingerà lo stadio superiore del Vega E, la prossima evoluzione del Vega C. “Grazie al finanziamento pubblico abbiamo anche deciso di partire da questo propulsore per sviluppare un sistema di lancio completamente basato sul metano: si chiamerà Ifd, o In Flight Demonstrator, e non escludo possa aprire una linea di prodotto innovativa, più pulita e meno costosa”.

Riutilizzabile? “Lo capiremo dopo i test, ma sarà una strada che questo tipo di tecnologia renderà percorribile. Sarebbe il caso di riflettere sul mantra, oggi di moda, della riusabilità, per ora concretizzato solo dai Falcon9 di SpaceX: in Europa questo approccio fu escluso non perché lo ignorassimo, ma per questioni di mercato. Oggi, grazie a costellazioni satellitari come Iris², qualcosa potrebbe cambiare, sebbene sia doveroso ricordare che gli Stati Uniti investono nello spazio 100 miliardi di dollari ogni anno. In Europa non superiamo i 16. Con Ifd sperimenteremo il rientro del primo stadio e la riutilizzabilità. A quel punto capiremo se la prossima generazione di lanciatori europei potrà economicamente sostenerli”. Un mercato che, almeno per quanto riguarda la pulizia delle orbite, promette di crescere.

Le prospettive

Sebbene oggi manchi, sono certo si arriverà a un business model definitivo. Credo sia plausibile, molto presto, che chiunque operi nello spazio sia tassato affinché una parte dei costi sia impiegata nella rimozione dei rifiuti extra-atmosferici”. È un ambito in cui Avio punta a muoversi in anticipo sfruttando anche in questo caso le risorse del Pnrr, che con un finanziamento da 235 milioni prevede un altro progetto, chiamato In Orbit Service Module, in cui l’azienda sarà partner di Thales Alenia Space e D-Orbit nella realizzazione di un sistema in grado di offrire una gamma completa di assistenza in orbita ai clienti. “Sarà un modulo più complesso rispetto a quello di Clearspace, perché più versatile: potrà rifornire i satelliti o scortarli in atmosfera quando non più operativi. L’interesse è comune: lo spazio deve rimanere libero per essere operato in sicurezza”.

La garanzia di uno spazio preservato dagli space debris costituisce per Ranzo uno dei quattro trend che cadenzeranno l’innovazione spaziale negli anni imminenti, insieme con le telecomunicazioni via broadband, con l’osservazione della Terra grazie alla tecnologia radar di nuova generazione a basso costo, e con il rinvigorito interesse per l’esplorazione spaziale: “torneremo sulla Luna e andremo oltre, con grandi programmi come Artemis o Mars Sample Return. Questo darà vita a un’ampia serie di applicazioni, come il trasporto interplanetario, che spero ci vedrà coinvolti con un ruolo importante”.

Manfredi, il decenne figlio di Ranzo, ne sarebbe orgoglioso. E la sua maestra non avrebbe di che preoccuparsi.

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