Le stime sul commercio internazionale per il mese di maggio lasciano pochi dubbi: la tanto attesa ripresa economica della Cina dopo la fine della politica zero-Covid stenta ad arrivare. Il dato più eclatante è quello sulle esportazioni, in diminuzione del 7,5% rispetto a un anno fa. Di contro, le importazioni sono scese “solo” del 4,5% nello stesso periodo. Insomma: surplus commerciale calato del 16% in un solo mese.

Non lo si può certo definire un rallentamento annunciato. Anzi, gli analisti si aspettavano una riduzione dello 0,4% per le esportazioni e dell’8% per le importazioni. Previsioni decisamente fuori strada, che non avevano fatto i conti con il drastico calo della domanda globale di prodotti cinesi. Ma è questo l’unico motivo della flessione?

Sembra che parte della colpa si possa ricondurre al cattivo stato dell’economia mondiale, che ha ridotto la domanda di beni cinesi. Il che si riflette sul calo non solo dell’export ma anche dell’import, con Pechino che acquista un volume minore di componenti per prodotti finiti da esportare. Per esempio, le importazioni dalla Corea del Sud, uno dei principali fornitori di semiconduttori, sono diminuite del 21% nel mese di maggio.

Ma c’è di più. Già, perché ora che la Cina è costretta a fare minore affidamento sugli scambi con l’estero, le sue debolezze interne vengono alla luce. E il quadro non è confortante: la produzione industriale (+6%) delude le aspettative, la fiducia dei consumatori è lontana dai livelli pre-Covid, la disoccupazione giovanile (oltre il 20%) lievita… Non a caso, il governo di Xi ha indicato un modesto +5% come obiettivo per la crescita nel 2023.

E così, mentre la Cina fatica, il mondo sta a guardare con apprensione. A cominciare dall’Europa, il cui benessere economico è legato a doppio filo a quello cinese. A tal proposito, la pubblicazione delle nuove stime della crescita Ue, attese nella giornata di domani, sarà un momento cruciale. Tutti si aspettano una revisione al ribasso dei dati di qualche mese fa, che certifichi un trend di lieve recessione nell’ultimo semestre. Un’ulteriore cattiva notizia per Pechino, che a sua volta si appoggia fortemente sul commercio con l’Occidente.

Insomma, in un mondo interconnesso, le sfortune altrui hanno un effetto domino che scavalca i confini nazionali. Difficile stabilire, tuttavia, se questo rallentamento sia il sintomo di un trend globale preoccupante o una reazione fisiologica dopo un periodo di ripresa. In altre parole: restare all’erta, ma piano con gli allarmismi.

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