Milano, 1° novembre 2023 – La congiuntura internazionale sembra non preoccupare più di tanto gli imprenditori italiani. Un quarto delle imprese italiane sono convinte che gli affari cresceranno nel 2024 mentre per la maggior parte rimarranno stabili. È quanto rivela un sondaggio Ipsos-Unioncamere-Tagliacarne, diffuso in occasione della Conferenza internazionale.
Il primo passo è proprio capire quale sia il sentiment degli imprenditori: 6 su 10 ritengono che nei prossimi 12 mesi la situazione resterà stabile per chi fa impresa; per quasi il 25% invece migliorerà molto o almeno un po’. La quota dei pessimisti quindi è prossima al 18%, in discesa rispetto allo scorso anno quando era pari al 42%. Certo non tutto il Paese mantiene questo profilo. Le aziende del Nord mostrano infatti maggior ottimismo per il prossimo futuro rispetto a quelle del Mezzogiorno e del Centro Italia (al Nord gli ottimisti o i “neutrali” sono l’85% mentre al Sud tale quota scende all’81% e al Centro al 77%). La manifattura e i servizi contano inoltre le quote più elevate di imprese che propendono per una stabilità dell’andamento aziendale nei prossimi mesi o in un suo miglioramento, rispetto al commercio.
“La mancanza di certezze è ormai un elemento strutturale a livello globale ma gli italiani sono abituati a lavorare di creatività. Già dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina abbiamo mostrato una grande capacità di flessibilità e di resilienza. Ed ora faremo altrettanto”, ha detto il presidente di Unioncamere, Andrea Prete. Digitale e green spingono la fiducia delle imprese sul futuro, ha aggiunto. “Tra il 2023 e il 2025, il 41% delle imprese (5-499 addetti) pensa di investire nella transizione digitale e il 46% nella transizione green. Anche per questo le aziende che prevedono un miglioramento del proprio business sono più numerose rispetto a quelle che ne stimano un peggioramento (24% contro 18%)”. La burocrazia elefantiaca, inoltre, è un vincolo che occorre rimuovere. Secondo il presidente di Unioncamere “bisogna semplificare tutte quelle procedure che ancora oggi frenano il fare impresa in Italia e che sono vissute come un fardello troppo pesante soprattutto dai più giovani che vogliono mettersi in proprio: ben 7 imprese under 35 su 10 vedono nella burocrazia l’ostacolo maggiore all’utilizzo delle risorse del Pnrr”.
Le incognite del contesto a livello mondiale sono notevoli. I dati presentati all’incontro, frutto di elaborazioni di Unioncamere e Centro studi Tagliacarne sulla base delle principali fonti nazionali e internazionali, mostrano che il commercio mondiale, in crescita da circa 20 anni, ha probabilmente raggiunto il suo tetto: l’export mondiale di beni e servizi è infatti costantemente prossimo al 30% del Pil. E questo mentre le dinamiche della globalizzazione stanno progressivamente modificando il quadro internazionale con una crescita delle politiche protezionistiche (nei primi nove mesi del 2023, per ogni intervento di liberalizzazione ce ne sono stati 4 di protezionismo: 600 contro 2.400), l’affermazione nelle strategie aziendali del near e del reshoring con il conseguente accorciamento delle catene globali del valore, e la ricerca da parte dei Paesi di una autonomia strategica (in termini di energia e materie prime pregiate) che ha portato, ad esempio, l’Unione Europea a ridurre la dipendenza dai Paesi extra-Ue al 65% delle proprie forniture.
Di fronte a questo contesto, le sfide a livello europeo e italiano sono molteplici. Diventa prioritario accelerare sul fronte degli investimenti (che in Europa sono cresciuti in media solo del 3,6% l’anno nell’ultimo decennio, a fronte del 7,2% della Cina, del 6,5% dei Paesi dell’Asia emergente e del 5,5% degli Usa) e, in casa nostra, sul fronte dell’utilizzo dei fondi comunitari (di quelli programmati per il 2014-2020, ne sono stati utilizzati solo i due terzi), anche facilitandone l’accesso alle imprese che, come rivela una ricerca di Unioncamere, in un caso su due lamentano una eccessiva complessità degli adempimenti e richiedono supporto e assistenza (questi i bisogni espressi rispettivamente dal 19 e 18% delle aziende). Restando in Italia, i progressi sul fronte dell’innovazione si fanno comunque vedere.
Per quanto riguarda la sostenibilità, una impresa su 4 ha investito in tecnologie green a basso impatto ambientale (ma il 15% ritiene che le risorse economiche siano insufficienti a superare questa sfida e il 5,2% lamenta costi troppo elevati delle materie prime verdi). Cresce anche l’adozione del digital lending da parte di soggetti finanziari non bancari. Nella classifica a livello di G7, l’Italia è al terzo posto, dopo Stati Uniti e Regno Unito, per prestiti concessi da soggetti non bancari, con 1,9 miliardi di dollari.
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