Nuovi carburanti

Eppure negli ultimi anni qualcosa si è mosso, sulla spinta dei regolatori del mercato – entro il 2050, le emissioni dovranno essere ridotte di almeno il 50 per cento rispetto ai livelli del 2005 – e dei consumatori. In Svezia, sulla scia delle proteste di Greta Thunberg, si è addirittura affermato il termine “flygskam”, vergogna del volo, e i risultati cominciano a vedersi. «Il grande gioco nel futuro dell’aviazione adesso lo fanno i Saf (Sustainable Aviation Fuel), i carburanti a basso impatto», dice Andrea Giuricin, docente di Economia dei trasporti all’Università di Milano Bicocca e visiting professor alla China Academy Railway Science. «In Europa abbiamo fissato obiettivi molto alti: entro il 2030, il 10 per cento del carburante in media dovrà essere Saf». Non ci sono problemi tecnici, ma di approvvigionamento sì: gli aerei di Airbus, per esempio, possono già volare con una miscela al 50% di cherosene e Saf. Ma a mancare sono «i volumi di Saf, molto caro da produrre. Considerando che il 30-40 per cento del costo complessivo di una compagnia aerea, cioè la prima voce, è il carburante, un prezzo più alto ha un impatto proporzionale», conclude Giuricin. Mancano stime ufficiali, e dipende dai contratti e dai volumi di produzione, ma il Saf può arrivare a costare quattro o cinque volte il normale cherosene aeronautico. Ecco perché diverse compagnie sono in prima fila nello sviluppo di nuove soluzioni, come avviene per il progetto Speedbird, creato l’anno scorso da tre aziende, tra cui British Airways, con l’obiettivo di produrre 102 milioni di litri di Saf all’anno a partire da rifiuti agricoli e di legno: un decimo del carburante della compagnia entro la fine del decennio. Ma anche Air France-Klm ha annunciato accordi di produzione.

Riprodotto da Wired

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