Nonostante gli impegni a rispettare la soglia di 1,5 gradi di riscaldamento globale, investono ancora più di 400 miliardi di dollari in petrolio e gas. Ingannando i loro clienti. È l’accusa mossa dal think tank finanziario Carbon Tracker ad alcuni dei maggiori gestori patrimoniali al mondo. Sono 25, in particolare, gli asset manager messi all’indice per distorsioni della finanza climatica.
Impegni per la finanza climatica che hanno poca corrispondenza con gli investimenti reali che vengono effettuati. E invece di disinvestire, si va nella direzione opposta. Alcuni dei player maggiori come gli statunitensi BlackRock, Capital Group e Fidelity, che offrono fondi agli investitori di tutto il mondo, nonché la francese Amundi, hanno “raddoppiato l’interesse per il petrolio e il gas” nel 2022. E hanno aumentato significativamente le loro partecipazioni complessive nelle 15 società oil&gas analizzate da Carbon Tracker, tra cui figurano ExxonMobil, Chevron e TotalEnergies. Le azioni di queste compagnie energetiche oggi costituiscono il 6,1% del portafoglio gestito da Amundi, il 2,3% di State Street, l’1,3% di Blackrock.
Ma spesso queste partecipazioni non sono alla luce del sole. Con l’aumento della richiesta di prodotti finanziari compatibili con Parigi, i gestori patrimoniali hanno iniziato a etichettare anche a sproposito i loro portafogli come “verdi”. Secondo il rapporto di Carbon Tracker, oltre 160 fondi analizzati presentano delle credenziali di sostenibilità e di attenzione climatica, ma nel complesso gestiscono 4,5 miliardi di dollari di investimenti nelle 15 compagnie oil&gas, le cui politiche non sono allineate con Parigi.
Per fare un solo esempio con Blackrock, il fondo più grande tra quelli considerati nel rapporto: le azioni delle 15 società energetiche costituiscono il 35% degli investimenti di un fondo etichettato come “ESG”, iShares V Plc – MSCI World Energy Sector ESG UCITS ETF.