“Tutte le imprese nascono con una famiglia, il problema è vedere quanto durano”. Pino Di Blasio, capo della redazione senese de La Nazione, cita Gianni Agnelli aprendo ’Business family’, la prima delle lezioni del ciclo ’Dialoghi sul futuro’ all’Università. Un format che porterà in cattedra imprenditori e personaggi pubblici disposti a raccontarsi. Il primo confronto, ieri in Rettorato, si è concentrato su quello che il rettore Roberto Di Pietra definisce “capitalismo di famiglia”: quel “fenomeno mondiale che ruota attorno alla capacità di intraprendere, per definire il nostro posto nel mondo”. Le prime due storie sono la dimostrazione di questa capacità di fare impresa: a partire da una famiglia, che attraverso varie generazioni lascia il segno di sè nella storia.
La prima lezione parte dal passato, dai Florio di Palermo e arriva ad oggi con la famiglia Aleotti, che con la multinazionale farmaceutica Menarini proietta l’impresa nel futuro. A raccontare la straordinaria storia dei Florio è Stefania Auci, autrice dei due romanzi bestseller, ’I leoni di Sicilia’ e ’L’inverno dei Leoni’. “Per quattro generazioni i Florio sono stati l’esempio di come si sia potuto fare imprenditorialità anche nel Sud Italia. Ma la storia ci insegna che il fattore umano non va sottovalutato: la persona può cambiare e segnare la storia. Il Sud Italia avrebbe avuto un presente e un futuro diverso se la storia dei Florio non fosse finita come è finita“. La storia parte con i due fratelli, Paolo e Vincenzo che lasciano Bagnara Calabra per andare a Palermo: da ambulanti del mare, commercianti, daranno vita ad un primo negozio di spezie. Da lì la grande espansione, che porterà i Florio ad essere una delle più ricche famiglie d’Europa, con un patrimonio immenso, fatto di cantine di vino, tonnare e una compagnia di navigazione.
La storia dei Florio è la storia dell’economia del Sud e i Florio diventano grandi quando ’rompono’ con la tradizione del tempo: “Nel successo c’è sicuramente una quota di fortuna – dice Stefania Auci –, ma la lungimiranza del capostipite Vincenzo va oltre la fortuna. E il senatore Ignazio Florio consolida il patrimonio e innova: da commerciante diventa imprenditore. Capisce i tempi, li anticipa, fa entrare la politica negli affari, si copre le spalle“. Il tracollo arriva con la generazione successiva, ancorata ad attività ormai vecchie: il passo più lungo della gamba e la perdita di liquidità fanno fallire i Florio.
Tocca poi a Lucia Aleotti raccontare la storia del Gruppo Menarini: dall’impresa del babbo Alberto alla farmaceutica oggi presente in 144 Paesi del mondo, 17mila dipendenti e 4 miliardi di fatturato. “I numeri di Menarini sono su internet – inizia Lucia Aleotti, azionista e consigliere d’amministrazione –. Sono stati i miei figli a suggerirmi di venire qui a raccontare qualcosa di diverso. Mio babbo è nato nel 1923, da una famiglia poverissima, in un paesino dell’Emilia. Nel 1964 entra alla Menarini, piccola azienda locale. Parte dal nulla, senza un capitale e costruisce un colosso mondiale. A me e mio fratello ha sempre detto: ’scegliete intorno a voi persone migliori di voi, non vi faranno mai ombra, ma vi daranno luce. E ancora, il talento da solo è inutile e sprecato, ovvero bisogna lavorare e molto per competere. Fatto sta che Menarini cresce, esce dai confini nazionali: prima nei Paesi vicini per tradizione all’Italia e arriva l’accordo con Sanofi; poi nel 1989 cade il muro di Berlino e mio padre Alberto decide di partecipare alla privatizzazione della Berlinchemie, grande società della Germania dell’Est, convincendo il Governo con la promessa di non alienare il suo patrimonio per 20 anni. Quindi l’espansione continua: guardiamo prima all’Asia e poi, oggi, l’obiettivo è l’oncologia negli Usa. Nostro padre non c’è più ma il modello è lo stesso: scegliamo le persone migliori e il lavoro. Mio fratello ed io siamo nel Cda ma l’azienda è affidata a un management competente, i manager migliori. E dal ’92 i dividendi restano in azienda per essere reinvestiti”.
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