Si è celebrata domenica 12 maggio 2024, la 58esima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. Nel suo messaggio Papa Francesco ha scritto fra l’altro:

L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta “intelligenza artificiale”, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?

Innanzitutto conviene sgombrare il terreno dalle letture catastrofiche e dai loro effetti paralizzanti. Già un secolo fa, riflettendo sulla tecnica e sull’uomo, Romano Guardini invitava a non irrigidirsi contro il “nuovo” nel tentativo di «conservare un bel mondo condannato a sparire». Al tempo stesso, però, in modo accorato ammoniva profeticamente: «Il nostro posto è nel divenire. Noi dobbiamo inserirvici, ciascuno al proprio posto (…), aderendovi onestamente ma rimanendo tuttavia sensibili, con un cuore incorruttibile, a tutto ciò che di distruttivo e di non umano è in esso». E concludeva: «Si tratta, è vero, di problemi di natura tecnica, scientifica, politica; ma essi non possono esser risolti se non procedendo dall’uomo. Deve formarsi un nuovo tipo umano, dotato di una più profonda spiritualità, di una libertà e di una interiorità nuove».

In quest’epoca che rischia di essere ricca di tecnica e povera di umanità, la nostra riflessione non può che partire dal cuore umano. Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi.

Questa sapienza del cuore si lascia trovare da chi la cerca e si lascia vedere da chi la ama; previene chi la desidera e va in cerca di chi ne è degno (cfr Sap 6,12-16). Sta con chi accetta consigli (cfr Pr 13,10), con chi ha il cuore docile, un cuore che ascolta (cfr 1 Re 3,9). Essa è un dono dello Spirito Santo, che permette di vedere le cose con gli occhi di Dio, di comprendere i nessi, le situazioni, gli avvenimenti e di scoprirne il senso. Senza questa sapienza l’esistenza diventa insipida, perché è proprio la sapienza – la cui radice latina sapere la accomuna al sapore – a donare gusto alla vita… (qui il testo completo del messaggio: https://www.vatican.va/content/francesco/it/messages/communications/documents/20240124-messaggio-comunicazioni-sociali.html).

Al centro del messaggio c’è il tema dell’intelligenza artificiale e della sapienza del cuore al fine di avere una comunicazione pienamente umana. Tema che ormai viene affrontato costantemente in seminari, conferenze, libri, ecc.  Tema che pone varie domande a cominciare dal modo in cui l’intelligenza artificiale sta entrando nelle dinamiche produttive del mondo dell’informazione Come rispondere a una deriva ipertecnologica che sembra inarrestabile? Quali percorsi di formazione è necessario intraprendere, per usare l’intelligenza artificiale senza farsi usare? Da queste domande e dalle sollecitazioni di papa Francesco nascono le riflessioni raccolte nel volume “Intelligenza artificiale. In cerca di umanità” (Editrice LAS) a cura di Fabio Pasqualetti e Vittorio Sammarco. Come ha scritto il Papa nel suo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, la velocità con cui si diffondono le intelligenze artificiali «suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?»

D’altra parte è aperta, ormai da anni, la riflessione nel mondo del giornalismo sugli scenari futuri di una professione che è cambiata e sta cambiando sempre più. Proprio martedì scorso, 7 maggio, è stato presentato a Roma il secondo rapporto sul giornalismo digitale realizzato dall’omonimo Osservatorio promosso dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Affronta i nuovi scenari del giornalismo, la trasformazione dei lettori in fruitori dell’informazione, la nuova soggettività dei giornalisti “senza giornali”, di ruoli e uso in redazione dell’intelligenza artificiale (anche generativa) e la necessità di una etica e una deontologia per l’informazione professionale su tutte le piattaforme. Inoltre, le nuove regole internazionali sul digitale nell’Unione Europea: IA ACT, Digital Service Act, EMFA, confronto con le norme negli USA e in Cina. Il rapporto è stato presentato alla presenza del presidente del Consiglio Nazionale, Carlo Bartoli, e della presidente della Commissione Cultura, Elena Golino, con gli interventi della vicepresidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, dell’Avv. Deborah Bianchi, dei giornalisti Andrea Iannuzzi (caporedattore a La Repubblica), Lelio Simi e del coordinatore dell’Osservatorio Antonio Rossano.

Si può salvare il giornalismo? Quali sono le tendenze e le influenze delle nuove tecnologie sul mondo dell’informazione? In quale panorama normativo vanno ad operare questi cambiamenti? Dove e come si informano le persone? Sono queste alcune delle domande su cui è ruotato il dibattito nel corso della presentazione del report presso la sede dell’Ordine nazionale dei giornalisti.

Il Rapporto anche in formato PDF può essere scaricato da questa pagina web: https://www.odg.it/osservatorio-report-2024.

Merita di essere evidenziato l’approfondimento intitolato: «Intelligenza artificiale nelle redazioni italiane» (da pagina 50 a pagina 66 del file pdf indicato) curato da Andrea Iannuzzi dove si legge tra l’altro:

Se il 2022 è stato l’anno della scoperta, nel 2023 le piattaforme di intelligenza artificiale generativa – da ChatGPT (OpenAI) a Bard, poi evoluta in Gemini (Google), passando per Claude (Anthropic) – sono entrate nell’uso quotidiano degli utenti della rete, trovando applicazioni in diversi ambiti di ricerca e professionali e rendendo familiare l’approccio con i cosiddetti Large language models, che stanno alla base del loro funzionamento e della capacità di generare contenuti che imitano le capacità dell’intelletto umano.

Nelle redazioni e nelle aziende editoriali sono cominciati i primi esperimenti, volti soprattutto all’introduzione di strumenti in grado di sfruttare le potenzialità dell’IA per velocizzare e semplificare la produzione e la pubblicazione di contenuti: servizi di traduzione istantanea, di trascrizione da audio a testo, produzione di audioarticoli, newsletter automatizzate, abstract e sommari, titoli adatti alla Search Engine Optimization (SEO). L’approccio è prudente: dopo una prima fase di entusiasmo, sono emerse le problematiche connesse ai processi di verifica e validazione dei contenuti generati da intelligenza artificiale, la cui pubblicazione è ancora sporadica e comunque successiva al controllo “umano” da parte dei giornalisti.

In parallelo sono stati avviati percorsi di alfabetizzazione e formazione dei giornalisti sui temi legati all’IA, ai suoi sviluppi e alle sue applicazioni, anche per rispondere a una crescente domanda di conoscenza da parte della categoria. A livello di processi aziendali, è stata avviata in alcuni casi l’implementazione tecnologica per migliorare l’offerta e la fidelizzazione degli utenti (profilazione, personalizzazione, paywall dinamici).

Tra le criticità emerse, le preoccupazioni principali connesse alla diffusione e all’uso di strumenti di IA sono di due tipi: uno legato ai diritti d’autore e un altro alle eventuali ricadute occupazionali. Sul copyright, l’Italia è ancora alla finestra, in attesa che si definisca nel dettaglio il quadro normativo e giuridico che regola il rapporto tra editori e grandi piattaforme tecnologiche. Si guarda a ciò che accade nel resto del mondo, tra editori che siglano accordi per la creazione di prodotti assistiti dall’IA e l’utilizzo dei propri contenuti per istruire i chatbot; e altri che invece hanno deciso di avviare cause e procedimenti per violazione del diritto d’autore e concorrenza sleale. Un’ipotesi allo studio della commissione sull’Intelligenza artificiale istituita dal governo italiano è quella di procedere a una “marcatura” digitale dei contenuti originali per consentirne riconoscibilità e tracciabilità.

Quanto al rischio che il “lavoro” affidato alle macchine possa sostituirsi a quello umano e avere ricadute occupazionali, si tratta probabilmente dell’elemento che più sta frenando lo sviluppo e la diffusione dell’intelligenza artificiale nelle redazioni, non tanto per l’esplicita opposizione da parte dei giornalisti, ma perché le aziende temono l’apertura di fronti sindacali. Al proposito, merita di essere segnalato il fatto che almeno in un caso, nel piano depositato al Ministero per l’accesso agli ammortizzatori sociali e siglato da azienda e rappresentanze sindacali, è fatto divieto esplicito di introdurre tecnologie volte alla produzione di contenuti giornalistici con l’uso dell’intelligenza artificiale.

Guardando al futuro, il sentiment prevalente è di cauto ottimismo, con una particolare attenzione al ruolo che dovrà avere il giornalismo in un ecosistema mediatico sempre più contaminato da contenuti artificiali verosimili ma potenzialmente falsi (testi, audio e soprattutto video) e in un ambiente tecnologico nel quale i modelli di informazione basati su fonti generiche e facilmente riproducibili perderanno definitivamente valore e interesse. Entrambi gli scenari offrono al giornalismo la possibilità di tornare alle origini: l’intelligenza artificiale, supportando l’attività giornalistica nello svolgere funzioni ripetitive, potrà liberare tempo e risorse da dedicare al lavoro di verifica e alla produzione di contenuti originali, con una particolare cura delle fonti. Qualità, attendibilità e accuratezza potranno rappresentare la via d’uscita dalla crisi.

Padre Paolo Benanti, professore della Pontificia Università Gregoriana e presidente della commissione sull’Intelligenza Artificiale istituita dal governo italiano in un’intervista del 5 marzo scorso su Italian Tech / La Repubblica, ha messo in guardia dai rischi dell’uso non regolamentato dell’intelligenza artificiale per il giornalismo e per il settore dell’editoria: «Il tema vero è che ci possono essere degli intermediari che possono fare delle piattaforme di pseudo-news. Queste persone sfruttano l’intelligenza artificiale per catturare le notizie più interessanti con pochissimi euro al giorno, le fanno riscrivere alla macchina e le ripubblicano solo per guadagnare con la pubblicità, usando titoli clickbait. È questo che uccide il comparto industriale del giornalismo e a cascata soffoca i giornalisti che non sono più riconosciuti come professionisti».

La commissione sta lavorando non solo all’analisi dei problemi ma anche alle possibili soluzioni. E ce n’è una che è già stata suggerita ed è allo studio per le sue future applicazioni: «Una marcatura temporale del testo scritto da un giornalista e pubblicato da un editore. Parliamo di un codice associato a un articolo, per esempio, che certifica l’integrità del testo originale. Se quel testo viene modificato, anche solo di una virgola, perde la marcatura iniziale. E anche se ne acquistasse una nuova, l’orario di pubblicazione contenuto nella marcatura ci dice che un testo è apparso online prima di un altro. La marcatura è come il dorsetto digitale di un giornale, qualcosa che tiene insieme il suo lavoro editoriale».

Torna dunque il doppio tema che da oltre un anno sottintende alle riflessioni degli editori in tutto il mondo: la necessità di distinguere l’informazione verificata e attendibile preservandola dalle manipolazioni e dai tentativi di imitazione – esattamente come accade per i prodotti alimentari – e l’esigenza legale e commerciale di difendere il diritto d’autore delle produzioni originali, per la salvaguardia di un comparto industriale e delle professioni connesse.

Intanto anche a Lucca si parlerà di comunicazione, intelligenza artificiale e scenari del giornalismo nell’incontro in programma venerdì prossimo 17 maggio alle ore 17,30 nel salone dell’Arcivescovato. L’occasione è data dalla presentazione del libro di Angelo Scelzo: «Dal Concilio al web. La comunicazione vaticana e la svolta della riforma» edito dalla Libreria Editrice Vaticana. Si rifletterà sulla comunicazione della Chiesa da Paolo VI a Francesco in occasione della Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali e del 40esimo anniversario del Settimanale Toscana Oggi. La proposta è dell’Arcidiocesi di Lucca con Toscana Oggi e UCSI-Toscana (Unione cattolica stampa italiana della Toscana). Introdurrà l’arcivescovo Paolo Giulietti, poi sarà il direttore di Toscana Oggi Domenico Mugnaini a intervistare l’autore Angelo Scelzo. Previsto anche un collegamento con padre Federico Lombardi per dieci anni direttore della Sala stampa della Santa Sede. Proprio padre Federico Lombardi ha ricordato che il 25 aprile scorso si sono ricordati a Roma i 150 anni della nascita di Guglielmo Marconi. «Ci siamo riuniti nel piazzale davanti alla prima stazione della Radio Vaticana, presso il punto più alto del Colle Vaticano, nei Giardini, e ricordavamo l’anniversario di Marconi, a cui Pio XI aveva affidato la costruzione della nuova Radio Vaticana. Ricordo sempre – ha detto padre Lombardi – che sulla foto di Marconi che tenevamo in bella vista nella Direzione della Radio, c’era scritto, con la sua bella calligrafia il suo motto. Marconi ripeteva sempre: “Le mie invenzioni sono per salvare l’umanità non per distruggerla”. Salvare l’umanità, nel senso più alto, rimane l’unica finalità della comunicazione della Chiesa, della comunicazione vaticana; idealmente, vorrei dire, di ogni comunicazione umana. Non è affatto scontato. Rinnoviamo e riformiamo continuamente la nostra comunicazione non per altro, ma proprio per questo».

di Paolo Mandoli riproduzione Lo Schermo

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