Non è lontano il tempo in cui si potrà assistere alla “costruzione” in laboratorio di organi umani, rendendo obsoleta la necessità di donatori umani

Medicina e ingegneria unite per l’innovazione della salute del futuro e per salvare vite umane.
Non è lontano il tempo in cui si potrà assistere alla “costruzione” in laboratorio di organi umani, rendendo obsoleta la necessità di donatori umani.
Sì perché la stampa in 3D negli ultimi tempi si è fatta conoscere come un metodo innovativo e futuristico per la produzione di oggetti e strumenti artificiali, ma le possibilità date da questa tecnologia d’avanguardia sono enormi e non si fermano solo alla creazione di cose inanimate o macchinari.
“Allo stato attuale, siamo in grado di stampare la cornea, la pelle, il tessuto cardiaco, le cartilagini e le ossa” – afferma su wired.it Bianca Maria Colosimo, professoressa di Additive manufacturing al Politecnico di Milano, che ha tratteggiato così i risultati ottenuti dall’applicazione del bioprinting. Ovvero la stampa 3D di tessuti biologici.
Ma alla realizzazione della cornea e di protesi in 3D si aggiunge la recente invenzione del primo tessuto umano realizzato con questa tecnica.
Gli scienziati americani che operano nell’incubatore di San Francisco chiamato Mbc Biolabs, della startup Prellis Biologic, riferiscono a zeusnews.it che hanno messo a punto una tecnica che permette la realizzazione di vasi capillari con la stampa 3D: questi canali sono essenziali per la funzionalità di ogni organo umano e servono a trasportare il sangue dal cuore alle altre parti dell’organismo.
Anche l’ossigeno sfrutta questi vasi per muoversi nel corpo e il fatto che ora possano essere ricreati con la stampa 3D aumenta le possibilità date ai medici.

Tutti progressi che fanno ben sperare e che rendono il sogno di tutti i cardiologi e la speranza di molti pazienti, un traguardo auspicabile e raggiungibile: vale a dire la realizzazione di un cuore artificiale completamente autonomo che riproduce tutte le funzioni di quello vero.
Il primo trapianto al mondo di un cuore artificiale è avvenuto dieci anni fa a Parigi, all’ospedale George Pompidou, su un paziente affetto da insufficienza cardiaca terminale. Si trattava di una bioprotesi prodotta dalla società Carmat dopo anni di ricerche, con l’unica pecca che non riusciva a battere per più di una mezz’ora, poiché il silicone resiste soltanto per circa 3mila battiti. .

E dunque tutta la comunità scientifica credeva che prima di arrivare a un risultato “funzionante” ci volessero almeno 15 anni, o ancora di più.
Ora però un ricercatore del Cardiovascular Innovation Institute di Louisville (Usa), Stuart Williams, sostiene che grazie ai prevedibili avanzamenti che la tecnologia subirà prossimamente basteranno 10 anni per arrivare a un cuore artificiale stampato 3D.
Nel frattempo una notizia incoraggiante che fa ben sperare arriva da Israele, dove il primo cuore ingegnerizzato e stampato in 3D utilizzando le cellule e i materiali biologici di un paziente è stato in creato dal gruppo di ricercatori dell’Università di Tel Aviv.
Lo studio apparso su Advanced Science mostra che è possibile stampare anche tessuti complessi con vasi sanguigni e non solo, come specifica Tal Dvir, uno degli autori dello studio.
E dunque nuovi approcci come questo, che si aggiungono ad altri che vedono organi umani cresciuti nel corpo di animali, come ad esempio maiali, potrebbero diventare la soluzione migliore tra nemmeno un decennio.
Francesco Castellini

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