Il cda di Mediobanca ha risposto all’offerta pubblica di scambio annunciata venerdì all’alba da Mps: «rigetta» l’offerta pubblica di scambio «non concordata», ritenuta «fortemente distruttiva di valore». Lo si legge in una nota dell’istituto guidato da Alberto Nagel.

«L’Offerta non è stata concordata ed è da ritenersi ostile e contraria agli interessi di Mediobanca». Con parole secche Mediobanca commenta e fa la prima mossa dopo l’Ops lanciata venerdì scorso dal Monte dei Paschi di Siena per conquistare Piazzetta Cuccia. «Fermo restando che Mediobanca si esprimerà sull’Offerta con le tempistiche, gli strumenti esecondo le modalità previste dalla legge, sulla base dell’analisi del Comunicato il Consiglio di Amministrazione di Mediobanca ritiene l’Offerta priva di razionale industriale e finanziario, e dunque distruttiva di valore per Mediobanca», prosegue il comunicato.

Il comunicato con cui Mediobanca ha respinto i termini dell’Ops di Mps è stato approvato «dal consiglio di amministrazione con l’astensione dei consiglieri Sandro Panizza e Sabrina Pucci». Lo sottolinea l’istituto. Panizza e Pucci siedono in cda in rappresentanza dell’azionista Delfin.

«Rilevanti intrecci azionari»

L’Ops di Mps su Mediobanca «è caratterizzata dai rilevanti intrecci azionari di Delfin e Caltagirone». Lo rileva Piazzetta Cuccia, ricordando che nella stessa Mediobanca «Delfin detiene il 20% e Caltagirone il 7% (sulla base dello stacco del dividendo di novembre 2024), in Mps Delfin è il primo azionista privato con il 10%, mentre Caltagirone detiene il 5% (oltre a detenere il 5% di Anima Holding che a sua volta possiede il 4% di Mps)» e in Generali «Delfin detiene il 10% e Caltagirone il 7%». «La presenza degli stessi azionisti in Mps, Mediobanca e Generali nell’ambito di un’offerta esclusivamente in azioni», secondo Mediobanca «configura una potenziale disomogeneità negli interessi rispetto al resto della compagine azionaria».

Secondo Piazzetta Cuccia l’offerta di Mps «manca di un razionale industriale», perchè comporterebbe «un forte indebolimento del modello di business di Mediobanca focalizzato sui segmenti di attività specializzate e redditizie quali il Wealth Management e l’Investment Banking; la perdita di clientela «sarà ragionevolmente accompagnata dalla perdita delle migliori risorse umane del Gruppo» e inoltre c’è «assenza di apprezzabili sinergie di costo non avendo i due Gruppi sovrapposizioni di reti distributive».

Manca inoltre, nel giudizio del board di Mediobanca, un razionale finanziario in quanto comporta «un forte pregiudizio al profilo reddituale di Mediobanca, con una diluizione dei multipli valutativi di Mediobanca», mentre «il calo del titolo MPS dopo l’annuncio ne testimonia la fragilità del corso di borsa, che rende improbabile il buon esito dell’operazione».

Il possibile rilancio

In precedenza gli analisti di IntesaSanPaolo avevano calcolato Siena potrebbe permetterersi un rilancio cash di 1,2 euro per azione, vale a dire di circa un miliardo, ma la Borsa, alla chiusura di ieri, già ne reclama il 50% in più, oltre 1,5 miliardi.

Rispetto a venerdì gli scambi si sono più che dimezzati restando però sempre al di sopra della media degli ultimi mesi. Nel corso delle ultime due sedute ha trovato spazio anche il trading di Aurelia – società del gruppo Gavio che con lo 0,52% partecipa al patto – che ha ceduto azioni fuori con opzioni put (se il titolo scende sotto una certa quota Aurelia ha l’opzione per ricomprarsi le azioni). Difficile capire quanto i volumi siano stati alimentati in generale da posizionamenti di trading, ma la direzione delle quotazioni è coerente con le perplessità avanzate anche ieri dagli analisti.

Il precedente di Intesa-Ubi

La reazione del mercato non mancherà di trovare eco nella relazione tecnica, alla quale sta lavorando il management dell’istituto guidato da Alberto Nagel, che arrriverà questa mattina sul tavolo del consiglio. Il board dovrà esprimersi sulla natura dell’offerta che, come precisato nella lettera ai dipendenti dell’ad e del direttore generale Saverio Vinci, «non è stata concordata». La definizione di “ostile” da parte del cda alzerebbe la prima barriera in difesa. Nel caso dell’offerta di Intesa su Ubi, la prima “ostile” tra banche italiane, l’operazione che, come quella di Mps, mirava a raggiungere almeno il 66,67% del capitale, fu autorizzata con la soglia minima di adesione del 50% del capitale più un’azione, per garantire un percorso senza strappi a un’aggregazione tra realtà sottoposte a vigilanza bancaria.

Il patto a febbraio

Nessuna convocazione straordinaria del patto di sindacato, invece, che si riunirà, come previsto, a febbraio, in occasione della semestrale. «Quando saremo convocati faremo le nostre valutazioni, in base anche alle risultanze che ci verranno presentate dall’ad», ha spiegato, interpellato da Radiocor, Pierluigi Tortora, che con la holding Plt detiene lo 0,48% del capitale, apportato un anno fa al patto, di pura consultazione, che riunisce complessivamente l’11,40% del capitale.Secondo quanto riportato da Mf il pattista Romano Minozzi giudicherebbe l’operazione con Mps una buona operazione.Non è solo questione di rilanci comunque. Gli analisti di IntesaSanPaolo, nel report titolato la “strana coppia”, spiegano che l’operazione punta a creare il terzo gruppo bancario italiano mettendo insieme modelli e attività di business differenti. L’aggregazione, ricorda il report, permetterebbe di accelerare l’utilizzo dei crediti fiscali sulle perdite pregresse di Mps per ridurre la tassazione sugli utili della nuova entità, il net present value dei Dta (deferred tax asset) salirebbe da 1,5 a 2,1 miliardi, ma il 60% dei benefici andrebbe agli azionisti di Mediobanca nell’entità combinata, lasciando agli azionisti del Monte solo 0,8 miliardi di valore rispetto agli 1,5 miliardi di cui disporrebbero su base stand alone. La visibilità sulle sinergie, sostengono inoltre, è limitata dall’assenza di sovrapposizioni e di azioni di ristrutturazione.

I timori del mercato si riversano anche su Mps. Autonomous ha abbassato il giudizio a underperform (farà peggio del mercato) sul Monte, per l’incertezza nell’execution dell’operazione. Per Deutsche Bank, i rischi lato Mps derivano dall’inversione a U sulle strategie. Da Bruxelles però è arrivato il chiarimento che Mps non è più tenuta, per la disciplina sugli aiuti di Stato, ad astenersi dalle acquisizioni, essendo venuto meno il controllo pubblico sull’istituto, con il collocamento del Tesoro che ne ha diluito la quota all’11,7%.

Riproduzione; IlSole24Ore

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