Negli ultimi 12 mesi, il crowdinvesting italiano ha raccolto 302,35 milioni di euro, con un calo del 5,3% rispetto al periodo precedente. Dietro questo dato medio si nascondono, però, dinamiche differenti: lʼequity crowdfunding fa registrare un secco -25,5%, mentre i minibond mettono il turbo con un +34,5% e il lending immobiliare cresce del 7,2%.
Dati che fotografano un anno di profonda trasformazione e che provengono dal IX Report Italiano sul Crowdinvesting, realizzato dallʼOsservatorio omonimo della School of Management del Politecnico di Milano.
Un cambiamento radicale (che qualcuno ha definito “annus horribilis”) che è il risultato dellʼentrata in vigore della nuova normativa europea e del rialzo dei tassi di interesse.
Dimezzate le piattaforme
Il Regolamento Europeo ECSP ha imposto a tutte le piattaforme un processo operativo nuovo e poche sono riuscite, con una rincorsa, a concluderlo entro novembre 2023.
Le altre hanno dovuto investire in compliance (e i costi sono stati indubbiamente significativi, specie per alcune realtà) senza poter contare su un flusso di nuovi ricavi. In attesa dellʼautorizzazione di Consob, infatti, i portali hanno solo potuto portare a exit le raccolte già concluse.
In questo contesto difficile è giunta la complicazione del repentino rialzo dei tassi di interesse. Che ha fornito agli investitori, ormai assuefatti da un decennio di denaro a prezzo zero, la possibilità di scegliere e di prezzare maggiormente il rischio. Insomma, di aspettarsi rendimenti più elevati dalle campagne.
Il risultato è che al 30 giugno 2024 risultavano autorizzate 33 piattaforme di crowdfunding, contro le 66 operanti prima del Regolamento. Con le prime tre settimane di luglio sono arrivati altri “via libera” e probabilmente la cifra finale sarà ancora più alta. Anche se alcune piattaforme hanno chiuso i battenti e altre procedono lentamente nellʼadeguamento, lʼItalia si conferma il secondo mercato per numero di piattaforme, dietro le 56 della Francia.
Opportunità mancate
A ogni aggiornamento normativo si recita il mantra della “compliance come opportunità” e anche il Regolamento Crowdfunding non fa eccezione. Anche se, purtroppo, emergono già ora alcuni limiti importanti, che andranno risolti in futuro.
Iniziamo dai punti positivi. Finalmente viene risolta lʼanomalia italiana di due regimi regolamentari diversi (in precedenza, lʼequity crowdfunding era vigilato da Consob, mentre il lending aveva requisiti differenti).
Questo crea un unico standard sia per le autorizzazioni sia per la Vigilanza ongoing e, soprattutto, apre la strada a una concentrazione del mercato, con fusioni tra operatori che fanno “mestieri” diversi e complementari tra loro.
Cʼè il tema dellʼinternazionalizzazione. I nostri portali nazionali potrebbero espandersi allʼestero: per ora, in realtà, Consob parla di una manciata di portali che ha presentato richiesta in mercati specifici. Di converso, potremmo invece assistere allo sbarco in Italia di portali esteri, anche se al momento lʼofferta pare in eccesso rispetto alla domanda.
LʼItalia ha, infatti, circa 2/3 dei portali della Francia. Oltralpe, però, la raccolta delle piattaforme si quantifica in miliardi. Pochi, vero, ma miliardi.
Il bisogno di crescere spiega perché, al momento, nessun portale di lending abbia richiesto di effettuare servizi di gestione del portafoglio: la domanda è troppo scarsa per diversificare a dovere questo strumento.
Il lending crowdinvesting, poi, sconta alcune criticità, legate probabilmente a una seniority minore rispetto al crowdfunding. Tra queste, la mancanza di un meccanismo di garanzia e lʼincognita del recupero crediti in caso di default. Ci sono stati casi di portali che si sono occupati di questo aspetto, che pure non spetta a loro, in quanto intermediari: la loro neutralità rispetto alle parti va garantita.
Ecco, la neutralità ci porta al nodo dei conflitti di interesse, uno degli aspetti chiave della vigilanza ongoing sulle piattaforme autorizzate. Il Regolamento definisce chiaramente i criteri per garantire lʼassenza di conflitti di interesse tra piattaforma e proponente, sgombrando il campo da qualche criticità passata.
Lʼequity crowdfunding, invece, potrebbe fare un salto di qualità, aprendosi a strumenti nuovi. Non più solo quote di Srl e azioni di Spa ma, ad esempio, anche le cartolarizzazioni, pur con tutte le attenzioni da porre alla comunicazione dei rischi. Resta da gestire lʼabitudine dei Venture Capital di imporre alle startup patti e modalità di controllo che non si conciliano necessariamente con i principi di unʼofferta al pubblico.
Si pone, di nuovo, il tema della domanda.Una dozzina di operatori ha chiesto di gestire una bacheca elettronica anche se questo strumento, nellʼesperienza pratica, ha rischiato di distrarre gli investitori dal primario al secondario.
Ma il problema maggiore è che non è stato raggiunto uno degli obiettivi principali del Regolamento, cioè creare un levelled playing field europeo. Ogni Paese ha sfruttato la grande autonomia nel recepire la normativa, con differenze significative per i requisiti di marketing, di profilazione del cliente e così via. LʼItalia, in particolare, ha recepito le norme in modo restrittivo e questo può penalizzare le nostre piattaforme rispetto alle “passaportate” estere.
I dati
Equity Crowdfunding
Raccolta di 106,53 miliardi tra il luglio 2023 e il giugno 2024, -25,5% (-32,6% senza considerare i progetti immobiliari) 161 campagne finanziate, tasso di successo tendenziale di circa il 90%
Lending Crowdfunding
Prestiti diretti alle imprese 167,82 milioni di euro di raccolta, +7,7%.Collocamento di minibond, 28 milioni di euro di raccolta, +34,5%.
Real estate crowdfunding
Raccolta di 191,56 milioni di euro, +72%. Trend opposti tra lending (+20,9% a 143,41 milioni) ed equity (-14,7% a 48,15 milioni).
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