l green deal europeo è il piano della Ue in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità che punta a  ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Un terzo dei 1,8 miliardi di euro di investimenti del piano per la ripresa NextGenerationEU e il bilancio settennale UE finanzieranno il green deal europeo.

Parte del piano è anche la progettazione ecocompatibile e la direttiva sulle emissioni industriali che saranno discusse e approvate in settimana. Mercoledì, infatti, i i deputati Ue voteranno gli articoli sulla progettazione ecocompatibile per rendere i prodotti in vendita nell’Unione Europea più sostenibili, in vista dei negoziati che saranno poi aperti con i governi  dei diversi paesi. L’ecodesign, chiamato anche eco progettazione, è un modello che rientra nell’economia circolare e prevede la realizzazione di prodotti e progetti sostenibili che rispettino l’ambiente, riducendone al minimo l’impatto che hanno sul pianeta.

A giugno, la commissione ambiente ha adottato la sua posizione, che ora dovrà essere votata dall’assemblea plenaria dei deputati europei.  Tra le richieste di modifica c’è anche quella del  divieto di distruggere i prodotti tessili e le apparecchiature elettriche ed elettroniche invendute. Inoltre, è richiesta priorità alla definizione di requisiti di sostenibilità per una serie di prodotti nelle future misure di progettazione ecocompatibile, quali acciaio, alluminio, tessili, mobili, pneumatici e prodotti chimici.  La nuova legislazione si applicherebbe a quasi tutti i prodotti sul mercato interno (ad eccezione di alimenti, mangimi, medicinali e animali).

Tra le preoccupazioni che sono emerse m figura il potenziale impatto sulla capacità di innovazione. Questo deriverebbe dalla complessità  dover rispettare vari criteri di sostenibilità ambientale. Questo sforzo infatti potrebbe sottrarre risorse alla ricerca e sviluppo che sono volti a creare soluzioni realmente innovative. E dunque bisogna trovare un giusto mix tra regolamentazione e innovazione. Infatti, una regolamentazione troppo stringente sarebbe difficile da rispettare soprattutto per le imprese medio piccole dato che specifiche per la progettazione ecocompatibile possono gravare in maniera sproporzionata sulle Pmi rispetto alle imprese più grandi. Anche il tracciamento di migliaia di sostanze non considerate ecocompatibili ha suscitato allarme per la complessità dell’onere che può comportare per i fabbricanti.

Sarà discussa anche un’altra direttiva. Quella sulle emissioni industriali, che è il principale atto legislativo dell’Ue inteso a prevenire e ridurre l’inquinamento provocato dai grandi impianti industriali, compresi quelli zootecnici.  L’aggiornamento normativo aiuterà a orientare gli investimenti industriali necessari per trasformare l’Europa in un’economia a inquinamento zero, competitiva e (nei desiderata dei legislatori) climaticamente neutra entro il 2050.

Da segnalare che la direttiva sulle emissioni industriali ha fatto calare, negli ultimi 15 anni, le emissioni nell’atmosfera di molti inquinanti riconducibili agli impianti industriali e agli allevamenti intensivi europei di maggiori dimensioni che risulterebbero diminuite del 40-75 %. Nello stesso periodo anche le emissioni di metalli pesanti nell’acqua hanno registrato un calo fino al 50 %.  

Nonostante la direttiva per ridurre le emissioni, gli oltre 50mila impianti industriali attualmente interessati rappresentano ancora il 40 % circa delle emissioni di gas a effetto serra, oltre il 50 % delle emissioni totali nell’atmosfera di ossidi di zolfo, metalli pesanti e altre sostanze nocive e il 30 % circa di quelle di ossidi di azoto e particelle sottili. E dunque servono ulteriori interventi. Le nuove norme dovranno migliorare l’efficienza del sistema di autorizzazione, ridurre i costi amministrativi, aumentare la trasparenza e fornire maggiore sostegno alle tecnologie pionieristiche e ad altri approcci innovativi.

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