Pardo si sta proiettando avanti e comincia a pensare al futuro con anni di anticipo, un futuro che piace al pianeta. A raccontarci questa bella storia è il capo-ingegnere del Cantiere del Pardo, Vincenzo Candela

Se si vuole essere leader in un mercato competitivo come quello della vela di alto livello bisogna guardare avanti, guardare al futuro.

Un cantiere che non investe in ricerca e innovazione è destinato a rimanere indietro in pochi anni. Al Pardo, sono ben consapevoli di questo e, attraverso una crescita costante, si sono organizzati sempre meglio per restare all’avanguardia.

Durante una nostra recente visita al cantiere per vedere il Grand Soleil 52 in costruzione, un modello che sarà presentato al pubblico al prossimo salone di Cannes, abbiamo incontrato Vincenzo Candela, l’ingegnere capo dell’ufficio tecnico del cantiere.

Un ufficio più grande e affollato di quanto ci saremmo aspettati, pieno di ingegneri, architetti e designer, dove oltre a ingegnerizzare i modelli e risolvere i vari problemi di produzione, si svolge anche attività di ricerca.

La curiosità di scoprire le nuove tecnologie del GS Blu ci ha portato a parlare con Candela. Il GS Blu, un 34 piedi molto innovativo, sarà l’apripista delle barche riciclabili e dovrebbe vedere l’acqua per fine 2024 inizio 2025.

SVN – Ingegner Candela, perché il GS Blu?

V.C. – Uno dei problemi più urgenti da risolvere nella nautica e per il quale l’Italia è in netto ritardo, è quello dello smaltimento delle barche non più in uso. Smaltire una barca in vetroresina è un problema molto serio. La vetroresina come concepita oggi è altamente inquinante e non si può bruciare. Molti risolvono il problema o sotterrando le barche, o abbandonandole nei cantieri.

Nessuna delle due è certamente la via giusta.

Se fino a qualche decennio fa il problema era meno avvertito perché il numero di barche era limitato – la costruzione massiccia in vetroresina è iniziata solo alla fine degli anni ’50 – oggi la situazione è diversa. Con sempre più barche che raggiungono la fine della loro vita utile e devono essere smaltite in qualche modo, il problema sta diventando urgente.

Se non vogliamo trasformare i nostri cantieri di rimessaggio in grandi discariche di vecchi relitti, dobbiamo trovare un sistema per smaltire le barche obsolete e, allo stesso tempo, sviluppare nuove barche che non alimentino ulteriormente il problema.

SVN – Tutto verissimo, ma da quanto ho capito voi non avete studiato un sistema per smaltire il vecchio.

V.C. – Giusto, noi concorreremo alla risoluzione del problema studiando come non produrre più barche difficili da smaltire. E’ qui che arriviamo al GS Blu.

SVN – Perché il GS Blu è una barca del futuro, una barca facile da smaltire?

V.C. – Perché è laminata con una resina termoplastica che ha la caratteristica di sciogliersi a contatto con un solvente particolare. La resina ha le stesse caratteristiche di base di una epossidica o di una poliuretanica, ma se queste, una volta catalizzate, non possono tornare indietro, la termoplastica può riavvolgere il suo ciclo di vita e tornare all’origine quando era liquida. In una barca la cosa più inquinante è il laminato perché la vetroresina è molto inquinante e nessuno sino ad ora è riuscito a dividere il vetro dalla resina. Con la resina termoplastica, a fine vita della barca si potrà dividere la resina dal vetro o dalle altre fibre con cui si farà la barca e, entrambe, resina e fibra, saranno riciclabili.

SVN – Quindi usando questa nuova resina si risolve il problema ambientale connesso con la produzione delle barche.

V.C. – Non è proprio così semplice. Per arrivare a separare la resina dalla fibra prima bisogna separare il laminato da tutto il resto e questa è una cosa più difficile. Pensi a quante interazioni di materiali ci sono su di una barca, dalle paratie di legno o composito alle piastre di metallo che si affogano nella coperta per far da supporto all’attrezzatura. Centinaia di pezzi che per essere facilmente rimovibili, e rendere quindi il processo di riciclo economicamente affrontabile, devono essere studiate per la rimozione ancora prima di essere costruite e questo è quello che facciamo qui con Blu.

SVN – Ingegnerizzate la barca partendo dal momento in cui dovrete smontarla?

V.C. – Esattamente. Se fino a ieri il problema era come mettere un certo pezzo in un certo posto con il minor peso e il minor costo possibile, oggi il problema è come fare la stessa cosa assicurandosi che a fine vita quel pezzo possa venire via facilmente.

SVN – Perciò state andando molto oltre i materiali, non è il materiale usato che fa la barca riciclabile, ma il modo di pensarla?

V.C. – Le due cose insieme. Partendo dalle possibilità che ci da il materiale, abbiamo cominciato a guardare alla barca con occhi diversi.

SVN – Avevo sentito dire che Blu usava anche fibre di lino se non di basalto, allora non è vero?

V.C. – Fibre di basalto no, lo escludo, almeno oggi, quelle di lino invece abbiamo iniziato a usarle in alcune zone non strutturali ma con un’alta valenza estetica. Partiamo dall’estetica di questa fibra per poterne testare sul campo le sue reali potenzialità. Domani, c’è la possibilità che le fibre di lino entrino a far parte dei nostri schemi di laminazione.

SVN – Credo che sia una cosa molto affascinante studiare come rivoluzionare il modo di vedere la barca.

V.C. – Lo è.

Riproduzione: solovela.it

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