Il settore moda ricopre una parte importante del PIL italiano ma quanto le aziende investono in digitalizzazione e innovazione? Tutti i dati nell’analisi CRIBIS.

La digitalizzazione sta trasformando e trasformerà sempre più anche il mondo della moda, tanto che il concetto di fashion 4.0 sta prendendo piede anche in Italia.

Del resto, la moda è un comparto molto importante per il Paese, basti pensare che in base ai dati NetConsulting cube, il mercato del fashion italiano (abbigliamento, calzature, accessori) nel 2022 ha rappresentato il 5,2% del PIL nazionale con una previsione di crescita al 5,3% per il 2023, mentre il dato aggregato, considerando tessile, abbigliamento, pelli, cuoio, escludendo , occhialeria, gioielleria e accessori, nel 2022 ha raggiunto i 73 miliardi di euro, rappresentando il 3,8% del PIL con una proiezione al 4% nel 2023.

Un settore, dunque, che non può permettersi di non stare al passo con i tempi e oggi per restare competitivi è imprescindibile aprirsi alla digitalizzazione e cogliere le opportunità che derivano dal miglioramento dei processi produttivi, dal potenziamento dei canali di vendita, dall’ampliamento dei , da una maggiore efficienza operativa, dalla sostenibilità e da una diversa relazione con i consumatori, che il digitale consente.

Stando ad Anitec-Assinform – associazione di Confindustria che raggruppa le aziende ICT in Italia – il giro d’affari dell’e-commerce B2C in Italia è in aumento, con previsioni di superare i 35 miliardi di euro nel 2023 e per il settore fashion (comprensivo di abbigliamento, scarpe e accessori) si prevede una crescita del 10% -11% rispetto al 2022 per raggiungere un valore di circa 6 miliardi di euro.

La moda è (spesso) un’impresa individuale

Con l’aiuto di Margò, la piattaforma di Sales Acceleration di CRIBIS, siamo andati ad analizzare lo stato dell’arte del comparto fashion italiano, comprendendo tutte le realtà che svolgono attività connessa con la moda in senso ampio: dall’abbigliamento a scarpe gioielleria e accessori dalla produzione alla vendita e riparazione.

Cosa è emerso? Innanzitutto che la Campania supera per numero di aziende del settore anche la Lombardia.

La classifica delle regioni con maggiore concentrazione di operatori del fashion vede infatti nelle prime cinque posizioni:

  • Campania (15,5%)
  • Lombardia (13,2%)
  • Toscana (12,9%)
  • Lazio (8,1%)
  • Veneto (7,6%)

Le altre regioni italiane non raggiungono il 7%.

La forma legale con cui sono costituite le aziende della moda italiana racconta molto di un comparto fortemente legato all’artigianalità. Il 57,5% delle attività sono Imprese individuali e solo il 29,3% sono Società di capitali.

I dipendenti del settore fashion in aumento e fatturato oltre i livelli pre-Covid

La solidità del settore moda è confermata da fatturato e numero di dipendenti.

Se infatti nel 2020 si è registrata una battuta di arresto con il fatturato sceso a 87.380.628.550 euro da 104.097.641.493 euro del 2019, nel 2021 non solo sono stati recuperati i livelli pre-Covid ma sono anche stati superati attestandosi a 107.701.405.059 euro.

A conferma del buon momento del comparto, la forza lavoro è in continuo aumento. Dai 438.425 addetti del 2020, si è passati ai 466.268 del 2021, per poi raggiungere i 488.456 nel 2022.

Digitalizzare e innovare, le parole chiave per il futuro

Come anticipato, l’industria del fashion si trova oggi in un momento di trasformazione, guidata dalla digitalizzazione e dell’innovazione, ma quanto le aziende della moda si sono già attivate in tal senso?

Andando a vedere la digital attitude e lo score di innovazione la risposta è: poche.

La digital attitude è infatti bassa nel 86,5% dei casi e la maggioranza delle imprese presentano uno score di innovazione basso (51,1%) o medio-basso (30,5%).

Alla luce di queste percentuali diventa ancora più necessaria e urgente l’evoluzione del comparto se non si vuole restare spiazzati da un mercato in rapido cambiamento. Allo scopo risulta fondamentale investire in formazione e puntare su competenze digitali che permettano la trasformazione del settore.

Un percorso inevitabile che richiede un anche cambiamento culturale.

Riproduzione Cribis

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