Il tema ha smesso di essere in copertina nelle strategie di comunicazione aziendale, ma resta vivo nelle scelte del management e nella considerazione degli investitori


L’immagine che rende meglio il processo in corso è quella di un fiume carsico, che smette di correre in superficie, ma senza rinunciare al suo percorso verso il mare. Di sostenibilità in ambito aziendale oggi si parla meno rispetto a uno-due anni fa, in quanto le urgenze dettate prima dalla guerra in Ucraina e poi dall’iperinflazione le hanno rubato la scena, ma non per questo il tema è passato in secondo piano. Perché, al di là delle questioni di responsabilità sociale, in ballo ci sono il controllo dei rischi e in definitiva le performance in termini di business.

Circolarità e design sostenibile al centro

Uno studio del Capgemini Research Institute evidenzia grandi miglioramenti nel corso dell’ultimo triennio sotto vari profili: la circolarità, il design sostenibile, la misurazione delle performance di sostenibilità e la gestione delle risorse idriche, solo per citarne alcune.

Su 2 mila top manager intervistati, l’84% afferma che la propria azienda è in linea con gli obiettivi di riduzione delle emissioni, mentre meno di uno su dieci dichiara di rilevare un ritardo rispetto alla tabella di marcia. Tra le iniziative in corso, le più frequenti riguardano il riciclo dei prodotti impiegati e la progettazione di nuove soluzioni per eliminare le fonti di approvvigionamento di combustibili fossili.

Il punto di vista dei consumatori

Un’altra parte della ricerca riguarda, poi, il punto di vista dei consumatori, i quali spingono affinché le aziende si impegnino ancora di più nella riduzione dei gas serra e chiedono maggiore trasparenza nella comunicazione dei risultati ottenuti. Il report rileva che tre quarti dei consumatori si aspettano che le aziende contribuiscano maggiormente alla riduzione delle emissioni di gas serra nel 2024. Inoltre, si mostrano scettici verso la corporate sustainability: più della metà ritiene che le aziende utilizzino le loro iniziative di sostenibilità per “farsi belle” più che per una reale convinzione, con il risultato che spesso i progetti messi in campo sono carenti dal punto di vista della sostanza, ricadendo così nell’ambito del greenwashing.

Prosegue la marcia della finanza green

La spinta più forte all’affermazione delle strategie di sostenibilità è arrivata negli scorsi anni dal settore della finanza, che poi di colpo ha rinunciato a tenere la questione in primo piano con l’invasione russa dell’Ucraina e il ritorno in massa degli investimenti nel campo della difesa. Negli Stati Uniti ha preso corpo un movimento d’opinione, supportato da alcuni governatori repubblicani, fondato sulla convinzione che i gestori debbano concentrarsi esclusivamente sulla generazione di performance, disinteressandosi di questioni ambientali e sociali.

A ben vedere, tuttavia, la sostenibilità non ha perso centralità nelle valutazioni dei money manager, in quanto conoscere ad esempio le strategie di un’azienda per affrontare il cambiamento climatico o eventuali tensioni sociali significa avere una percezione più completa della stessa, pesando meglio i rischi ai quali può andare incontro. Non è un caso se, stando a un’analisi di Crif, le Pmi con un elevato livello di adeguatezza Esg riscontrano una maggiore propensione da parte degli istituti finanziari a concedere credito: per queste imprese, il tasso di erogazione dei finanziamenti nella seconda parte del 2023 è stato superiore dell’11% alla media.

L’evoluzione nell’analisi dei dati, sottolinea uno studio dell’asset manager Pgim, è cruciale in tal senso perché consente di ottenere informazioni più affidabili e scevre dai condizionamenti della comunicazione della singola azienda. Infine, spinta importante a insistere sul tema della transizione sostenibile arriva dagli organismi nazionali e comunitari. Secondo uno studio di Generali Investments con focus sull’Eurozona, le obbligazioni sovrane green sono salite a 53 miliardi di euro dai 42 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente e il totale per l’intero 2024 è stimato in circa 70 miliardi di euro.

Riproduzione: La Repubblica.it

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