L’inseminazione delle nuvole è una tecnica che punta ad aumentare le precipitazioni di una zona di circa il 15%
Il mondo ha sete d’acqua. La siccità, da sempre una delle piaghe più temute dall’umanità, ha raggiunto livelli di grande allarme e pericolo.
E questa inquietante condizione non è più solo legata ad un problema di clima e di benessere ambientale, ma ha inevitabili riflessi anche nel sociale, con ripercussioni negative a livello economico e geopolitico.
Il centro di ricerca della Commissione Europea ha già messo in guardia i governi sul fatto che la maggior parte dei Paesi del sud del continente – specialmente Spagna, Francia e Nord Italia – dovranno fronteggiare nei prossimi mesi una siccità crescente, dovuta a un inverno eccezionalmente secco che ha già provocato anomalie nella portata dei fiumi, oltre che ovviamente nell’umidità del suolo.
Ma non va meglio nel resto del mondo: basti pensare che l’Onu, solo per quanto riguarda gli Usa, ha stimato in 6 miliardi di dollari all’anno i danni che deriveranno dalla siccità.
Mentre i problemi dovuti alla mancanza d’acqua creano enorme allarme, già da anni, in Paesi come l’India, l’Australia e, ovviamente, l’Africa.
E si sa che l’emergenza climatica, con conseguente siccità e impossibilità di coltivare i campi, provocando carestie, dà luogo anche al grande fenomeno migratorio degli ultimi anni, con milioni di persone che hanno cercato di lasciare il continente africano in cerca di migliori condizioni dí vita.
Questi sono solo alcuni dei motivi per i quali gli scienziati di tutto il mondo si sono attivati per portare avanti ricerche che possano cercare di risolvere quello che probabilmente sarà il più grande problema degli anni a venire.
Un approccio decisamente altamente tecnologico viene da quei ricercatori di quei Paesi in cui ci si concentra sul cercare di “far piovere”, attraverso l’evoluzione della tecnica chiamata “inseminazione delle nuvole”, cloud seeding, una forma di geoingegneriache che mira a cambiare la quantità ed il tipo di precipitazione atmosferica attraverso la dispersione nelle nubi di sostanze chimiche che fungano da nuclei di condensazione per favorire le precipitazioni.
Le sostanze usate per indurre artificialmente la pioggia sono per lo più lo ioduro d’argento e il ghiaccio secco (o biossido di carbonio congelato).
Le sostanze responsabili della pioggia artificiale possono essere disperse dagli aerei o da dispositivi da terra.
Se l’inseminazione avviene tramite l’impiego di velivoli, questi lanciano dentro la nuvola dei razzi pieni della sostanza scelta. Se invece si usano i dispositivi da terra, il particolato fine è sospinto verso l’alto dalle correnti d’aria.
L’inventore del principio cloud seeding fu Vincent Schaefer. La scoperta avvenne nel luglio 1946 e fu del tutto casuale. Durante una scalata sul Monte Washinghton, nello Stato di New York, Schaefer ebbe una discussione con il premio nobel Irving Langmuir. Da lì ebbe l’idea di creare nubi sovraraffreddate usando una speciale microfibra. Dopo numerosi tentativi, scoprì che il ghiaccio secco poteva provocare la formazione di micro cristalli.
Contemporaneamente il noto climatologo Bernard Vonnegut, fratello dello scrittore Kurt Vonnegut e collega di Schaefer, creò un metodo di inseminazione usando iodio ed argento per produrre ioduro d’argento.
Dalla sua invenzione e sviluppo questa tecnica ad oggi viene praticata regolarmente in diversi Paesi, come il Marocco, l’Australia, la Russia, l’India, il Sud-Est asiatico, gli Stati Uniti, la Russia, vaste aree del Medio Oriente e soprattutto la Cina che (come riporta il South China Morning Post) per questo innovativo progetto ha messo in campo un investimento da 168 milioni di dollari per far piovere, realizzando programmi di cloud seeding senza precedenti e riuscendo a provocare precipitazioni tramite la stimolazione degli ammassi nuvolosi per mezzo di ioduro d’argento o ghiaccio secco.
Uno studio di fattibilità condotto dall’agenzia metereologica cinese ha stabilito che con un programma triennale, si potrà registrare un aumento delle precipitazioni atmosferiche su un’area di 960.000 chilometri quadrati, equivalenti a circa il 10% del Paese.
Dunque, fatti i dovuti conti, il budget multimilionario allocato dalla National Development and Reform Commission cinese sarà in grado di coprire i costi di quattro nuovi aerei e l’aggiornamento di otto velivoli esistenti, 900 sistemi di lancio missilistico e oltre 1.800 sistemi di controllo.
Del resto la Cina lo sa bene che manipolare le precipitazioni serve anche a ripulire i cieli dalle polveri sottili, soprattutto in occasioni speciali. È già successo durante le olimpiadi di Pechino 2008, quando, oltre a spegnere lo smog, le piogge mitigarono anche le alte e afose temperature.
Sempre secondo il South China Morning Post, quest’ultimo investimento in campo metereologico sarà indirizzato verso la fascia occidentale, tra Xinjiang e la Mongolia interna, una parte del Paese nota per il suo clima secco e la sua conseguente siccità. Il Post riferisce che un ufficiale della provincia di Qinghai, zona che beneficerà del programma, ha dichiarato che l’induzione artificiale di pioggia ha aumentato i livelli delle precipitazioni a 55 miliardi di metri cubi fra il 2006 e il 2016. Questa cifra equivale al 150% dell’acqua contenuta nella Diga delle Tre Gole.
In Gran Bretagna, alcuni ricercatori dell’Università di Bath sono ricorsi all’utilizzo di droni per bombardare le nuvole di impulsi elettrici, grazie a un progetto finanziato dagli Emirati Arabi Uniti.
Questa tecnica, secondo quanto ha affermato a diverse agenzie Abullah Al-Hammad, direttore del Centro di meteorologia degli Emirati, dovrebbe aumentare i tassi di pioggia di una percentuale che sta tra il 10 e il 30 per cento all’anno.
Ancora da Dubai proviene un altro progetto, che consiste nell’inseminare le nuvole con particelle nanoingegnerizzate, che prevede l’impiego di piccoli aerei che si alzano in volo per rilasciare grandi quantità di sale contenuto sulle ali, innescando condensazione e produzione di pioggia.
Per quanto riguarda l’Italia un primo tentativo di inseminazione delle nubi fu fatto da Depietri a Modena negli anni ’60, ma non diede i risultati sperati.
Poi, nei decenni successivi, per far fronte ad un periodo di elevata siccità, esperimenti di inseminazione delle nuvole furono attuati dapprima nella regione Puglia negli anni 1988-1994, nell’ambito di una operazione che prese il nome di Progetto Pioggia, e in seguito nelle regioni Sicilia, Sardegna e Basilicata.
Le attività furono condotte in collaborazione dalla azienda Tecnagro e dalla compagnia israeliana Ems, una sussidiaria di Mekorot Water Company, Ltd., con l’obiettivo di trasferire le competenze e le tecnologie israeliane sul territorio italiano. Nel caso Puglia, la tecnica di inseminazione impiegata si basò sulla dispersione di ioduro d’argento da aeromobile alla base delle nuvole obiettivo, ad una altezza approssimativa di 800 metri, senza tuttavia far registrare risultati degni di nota.
Ma se i risultati nel pianeta sono cosiddetti a “macchia di leopardo”, i geoingegneri invitano a non demordere, consapevoli che per realizzare tale ambizioso progetto “occorrono grossi investimenti”, e che per arrivare ad una soluzione più efficiente ed economica, “sarà solo questione di tempo”.
Francesco Castellini