Confesso che, quando ho visto l’assegnazione di ACCIAIERIE d’ ITALIA ad una impresa dell’Azerbaijan ho fatto fatica a comprendere le logiche sottostanti alla decisione. Almeno alcune considerazioni e riflessioni andrebbero fatte: Strategicità della produzione dell’acciaio per l’Italia. In un momento di grande instabilità del commercio mondiale e di “poca pace” con il mondo russo affidare ad un produttore azero l’acciaio italiano e la sorte di un’intera area industriale e sociale del nostro paese potrebbe apparire un azzardo anche considerando la concentrazione che da quel paese viene di termini di forniture di gas e petrolio per l’Italia. È vero che i rapporti con gli azeri sono consolidati ma non dimentichiamo che la stessa Repubblica Azera è pervasa da moti indipendentisti e guerre interne che ne fanno un paese classificato tra quelli a rischio moderato. Sicuramente sul lungo periodo un tema di instabilità delle relazioni e del governo di quel paese potrebbe presentarsi.
Fabbisogno interno dell’acciaio prodotto da Acciaierie d’Italia. Siamo noi stessi i clienti dell’acciaieria ed il problema piu’ volte affrontato è se il ritmo minimo di produzione degli impianti possa essere sostenuto con la domanda interna o se dobbiamo trovarenuovi clienti da servire. In questo, la nuova proprietà appare già di per essa un operatore regionale molto piccolo con un portafoglio clienti nient’affatto diversificato. Sul breve periodo almeno non è dato conoscere il reale contributo ad un ampliamento di commesse necessario per mantenere a reddito gli impianti.
Rispetto dei vincoli ambientali. L’altra domanda è se la proprietà dell’Acciaieria che è la Baku Steel, sia in grado di rispettare gli stringenti vincoli ambientali italiani e che sia sensibile alle autorità italiane in ordine alla bonifica ambientale. Il tema, tutt’altro che secondario, ha determinato il collasso della dinastia dei Riva prima e delle successive proprietà dopo, è collegato direttamente alla volontà di considerare l’approccio produttivo come una opzione di lungo periodo.

Come è facile intuire gli interrogativi sono ancora molti e l’amministrazione straordinaria governativa non può risolverli senza una chiara visione di politica industriale e delle relazioni internazionali del governo.
L’acciaio, a mio parere, serve all’industria italiana.
Il costo sociale nel produrlo in misura ridotta e limitata al fabbisogno deve essere sostenuto dal governo del Paese che, come per altre riconversioni industriali del passato ha varato un programma di ammortizzatori sociali e di trasformazione delle economie dei territori impattati anche decennali finalizzati a rendere sostenibile il processo di deindustrializzazione.
La scelta di breve periodo del cambio di proprietà con un operatore azero non porta ad alcuna soluzione del problema ma sposta in avanti l’agonia produttiva di un impianto che all’epoca del varo aveva delle logiche specifiche ma che, ai giorni nostri, mostra la insostenibilità dei programmi di produzione ed anche una colpevole consapevolezza del rischio di salute per chi lavora e vive in quelle aree.

Alfredina Mercurio
