In un mondo in cui la geopolitica del petrolio ha sempre avuto un impatto diretto sulle economie globali e sulla stabilità internazionale, la Cina emerge non solo come un gigante economico, ma anche come un attore sempre più influente nel panorama energetico mondiale. La risposta alla domanda “La Cina ha anche il petrolio?” è un inequivocabile sì, sebbene la complessità della questione vada ben oltre una semplice affermazione.

La Cina possiede significative riserve di petrolio, classificandosi tra i maggiori detentori al mondo. Le province come lo Xinjiang e il Mare Cinese Meridionale sono ricche di giacimenti petroliferi, sebbene la quantità esatta di queste riserve sia spesso oggetto di dibattito tra gli esperti. Secondo le stime più recenti, le riserve provate di petrolio della Cina si attestano intorno ai 25 miliardi di barili, posizionando il paese tra i primi quindici al mondo in termini di riserve provate.

Negli ultimi decenni, la Cina ha compiuto sforzi significativi per aumentare la propria capacità di estrazione petrolifera interna. Questo impegno si riflette nel sostanziale aumento della produzione interna, che mira a ridurre la dipendenza dalle importazioni estere. Con l’adozione di tecnologie avanzate di estrazione e l’esplorazione di nuovi giacimenti in regioni remote, la Cina sta cercando di massimizzare il suo potenziale petrolifero.

Nonostante le proprie riserve, la Cina rimane uno dei maggiori importatori di petrolio al mondo, a causa del suo fabbisogno energetico crescente dovuto all’espansione economica e industriale. Per far fronte a questa dipendenza, la Cina ha diversificato le sue fonti di approvvigionamento petrolifero, stringendo alleanze con paesi ricchi di risorse come la Russia, l’Arabia Saudita, e l’Iran, e aumentando gli investimenti in Africa e in America Latina.

Un elemento centrale della strategia energetica cinese è l’iniziativa della Belt and Road Initiative (BRI), conosciuta anche come la Nuova Via della Seta. Questo ambizioso progetto infrastrutturale mira a migliorare i collegamenti commerciali e energetici tra la Cina e una vasta gamma di paesi in Europa, Asia e oltre. Attraverso la costruzione di oleodotti e altre infrastrutture critiche, la Cina sta cercando di garantire un flusso stabile e sicuro di petrolio verso il proprio territorio, riducendo al contempo la vulnerabilità dovuta alle interruzioni politiche e ai conflitti regionali.

La crescente dipendenza della Cina dal petrolio ha inevitabilmente portato a nuovi conflitti e alleanze. La competizione per l’accesso alle risorse energetiche ha visto la Cina confrontarsi con altri grandi consumatori di petrolio, come gli Stati Uniti e l’Unione Europea, e ha influito sulla sua politica estera e sulla sua strategia militare. Allo stesso tempo la necessità di assicurarsi risorse stabili ha portato a nuove alleanze con paesi produttori di petrolio spesso trascurati o evitati dalle potenze occidentali. La Cina non solo ha risorse petrolifere, ma sta attivamente modellando il mercato globale del petrolio per soddisfare le sue esigenze. Questa dinamica influisce profondamente sull’equilibrio geopolitico mondiale, suggerendo che la Cina sarà un attore cruciale nel futuro energetico globale. Conflitti, cooperazione e competizione continueranno a definirne il ruolo nel teatro mondiale delle risorse energetiche. Esploreremo come la Cina stia ampliando le sue capacità di esplorazione e produzione interna, affrontando le sfide tecniche e ambientali con l’avanzare delle tecnologie. Analizzeremo anche come, grazie alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento il paese sia passato da una posizione di dipendenza a una di crescente dominio tecnologico e influenze geopolitiche.

Approfondiremo il significato della Belt and Road Initiative e altre politiche chiave per comprendere le strategie attraverso cui la Cina sta cercando di assicurarsi risorse e stabilire alleanze. Verranno esaminati anche i cambiamenti nei rapporti commerciali e le conseguenze delle nuove alleanze formate, nonché le risposte internazionali a queste mosse.

Il libro si articolerà in una discussione sui tre grandi blocchi geografici: le Americhe, l’Europa e l’Asia, analizzando come ognuno di essi interagisca con la Cina in termini commerciali e politici. La narrazione poi si espanderà oltre il commercio di beni tangibili per includere scambi di tecnologia, know-how e capitali. Per poi fornire una visione prospettica, guardando al futuro degli scambi commerciali internazionali e valutando come le attuali tendenze possano plasmare il panorama geopolitico globale fino al 2045. Questa analisi non solo evidenzierà le sfide correnti ma anche le opportunità emergenti, offrendo una comprensione completa di come la Cina stia configurando il futuro dell’economia mondiale.

Gli scambi commerciali della Cina dal 2000 al 2024 hanno registrato una crescita esponenziale, trasformando il paese in una delle principali economie mondiali. La Cina ha ampliato la sua rete di scambi commerciali, rafforzando le connessioni con l’Europa, l’Asia e l’Africa. Dall’inizio del nuovo millennio, la Cina ha lavorato per diversificare le sue fonti di importazione di materie prime, inclusi il petrolio e altri minerali, per sostenere la sua rapida industrializzazione. Questo ha portato la formazione di nuove alleanze con paesi ricchi di risorse e l’investimento in infrastrutture chiave in tutto il mondo. Inoltre, la Cina ha cercato di aumentare il valore aggiunto dei suoi prodotti esportati, passando da beni di consumo a basso costo a tecnologie più avanzate e servizi.

Per ulteriori dettagli sugli scambi commerciali della Cina, puoi consultare il rapporto di China Customs e altre fonti accademiche e istituzionali. Questo periodo ha segnato l’ascesa della Cina come potenza manifatturiera e esportatrice, con un’enfasi crescente sull’innovazione tecnologica e la diversificazione economica. L’adesione della Cina alla WTO (2001), successivamente all’Accordo Bilaterale con gli Stati Uniti, ha segnato una svolta fondamentale per il suo ruolo nell’economia globale. Da allora, il PIL del Dragone è quadruplicato, e la Repubblica Popolare è diventata il più grande esportatore del mondo[1]. Questo evento ha segnato un punto di svolta nella storia economica globale, aprendo nuove opportunità e sfide per la Cina e il commercio internazionale. Prima del 1978, la Cina si presentava come un paese socialista con un’economia pianificata e largamente isolato. Tuttavia, dopo due anni di scontri all’interno del partito comunista tra il 1976 e il 1978, Deng Xiaoping guidò il paese nell’era del post-maoismo. Questo periodo fu caratterizzato da innovazioni scientifiche, militari, industriali e agricole, nonché da un rinnovato spirito di apertura.  L’adesione della Cina al WTO non solo ha concretizzato un passo verso l’uscita dall’isolamento precedente, ma anche avvicinato il paese a nuovi potenziali partner commerciali e migliorato i rapporti con quelli già presenti.  ad esempio, entrando in questa organizzazione, la Cina si è impegnata a ridurre le tariffe e ad aprire i suoi mercati ai prodotti esteri, ottenendo in cambio un accesso più ampio ai mercati internazionali per le sue esportazioni. Questo ha accelerato il processo di integrazione della Cina nel sistema commerciale mondiale, contribuendo a una crescita economica sostanziale.

Questo evento ha innescato una serie di cambiamenti profondi non solo all’interno dei confini cinesi ma anche nel tessuto stesso dell’economia globale, con effetti che si estendono ben oltre il commercio internazionale.

L’accesso ai mercati internazionali, segnando la transizione del paese da economia emergente a superpotenza commerciale, ha permesso alla Cina ha sfruttato le sue vantaggiose condizioni di produzione – come la disponibilità di una vasta forza lavoro a basso costo e una crescente capacità industriale – per espandere in modo esponenziale le sue esportazioni. Questa espansione ha abbracciato una gamma incredibilmente ampia di prodotti, dai beni di consumo a basso costo, come abbigliamento e tessili, fino ad arrivare a complessi prodotti ad alta tecnologia, tra cui elettronica di consumo e componenti per telecomunicazioni.

La strategia di mercato della Cina, incentrata sull’integrazione nelle catene di valore globali, ha favorito questa crescita esponenziale. Investimenti massicci in ricerca e sviluppo hanno trasformato il paese in un centro di produzione ad alta tecnologia, in grado di offrire prodotti innovativi a prezzi competitivi sui mercati internazionali. Questa capacità ha non solo ampliato la portata delle esportazioni cinesi ma ha anche migliorato la qualità e la competitività dei prodotti offerti, consolidando ulteriormente la posizione del paese come leader globale nel commercio.

Le implicazioni di questa trasformazione economica sono state vastissime. La presenza di prodotti cinesi a basso costo ha intensificato la concorrenza sui mercati globali, spingendo aziende di altri paesi a cercare nuovi modi per mantenere la propria competitività. Questo ha portato a una significativa ristrutturazione delle catene di fornitura internazionali, con molte aziende che hanno integrato la Cina nei loro processi produttivi per sfruttare l’efficienza e la varietà di beni che il paese è in grado di offrire.

Parallelamente, si è rafforzata l’influenza della Cina a livello mondiale, consentendole di forgiare nuove alleanze e di partecipare attivamente alla definizione delle regole che governano il panorama geopolitico internazionale, con impatti che si fanno sentire ancora oggi e che continueranno a influenzare le dinamiche internazionali per gli anni a venire.

Il saldo commerciale della Cina ha giocato un ruolo cruciale nel sostegno e nella crescita della sua economia negli ultimi due decenni, riuscendo a mantenerlo sostanzialmente positivo nonostante l’apprezzamento del Renminbi rispetto al dollaro statunitense e ad altre valute principali. Questo fenomeno avrebbe potuto teoricamente rendere le esportazioni cinesi meno competitive sui mercati internazionali, infatti, una valuta più forte rende i prodotti di un paese più costosi per gli acquirenti stranieri, invece una serie di strategie economiche attente e a un contesto globale che ha favorito l’espansione delle sue esportazioni. Primo tra tutti, la Cina ha utilizzato gli introiti delle sue esportazioni per sostenere e stimolare la propria economia in diversi modi. Una parte significativa degli introiti è stata reinvestita in ampie infrastrutture a livello nazionale, come trasporti, energia e telecomunicazioni, migliorando l’efficienza produttiva e hanno contribuito a mantenere bassi i costi di produzione, rendendo i prodotti cinesi attraenti sui mercati internazionali nonostante l’apprezzamento della valuta. Gli introiti sono stati anche indirizzati verso il settore tecnologico, con l’obiettivo di spostare l’economia cinese verso industrie ad alto valore aggiunto. Questo ha permesso alla Cina di competere non solo sui prezzi ma anche sulla qualità e sull’innovazione. La Cina ha accumulato una delle più grandi riserve valutarie al mondo, parte della quale è denominata in dollari statunitensi.

Questo ha offerto al governo cinese una notevole flessibilità finanziaria, consentendogli di intervenire sul mercato valutario per mantenere il Renminbi in un intervallo di valutazione favorevole per le esportazioni. La politica di apertura della Cina agli investimenti esteri diretti ha attratto capitali stranieri, che hanno contribuito ulteriormente alla crescita economica e alla modernizzazione industriale. Questi investimenti hanno spesso mirato a settori strategici, come la produzione ad alta tecnologia e i servizi, che sono meno sensibili alle fluttuazioni valutarie rispetto alla manifattura tradizionale Nel 2004, il governo cinese ha lanciato l’ambiziosa politica “Go Global” (走出去战略) con l’obiettivo di incoraggiare le aziende cinesi ad espandersi sui mercati internazionali. Questa iniziativa strategica mirava a promuovere gli investimenti diretti all’estero (FDI) da parte delle imprese cinesi, segnando una significativa svolta nella politica economica estera della Cina. La politica “Go Global” aveva diversi obiettivi chiave: diversificare gli investimenti cinesi all’estero, accedere a nuove tecnologie e competenze attraverso acquisizioni e partnership, assicurare forniture di risorse naturali vitali per l’economia cinese in crescita e rafforzare la competitività delle aziende cinesi sui mercati globali.

In seguito all’attuazione di questa politica, numerose aziende cinesi, sia di proprietà statale sia private, hanno iniziato ad acquisire attività e stabilire operazioni in vari settori all’estero, inclusi estrazione di risorse, manifatturiero, tecnologia e finanza. Questa mossa ha non solo contribuito a espandere l’influenza economica della Cina in tutto il mondo ma ha anche aiutato le aziende cinesi a integrarsi nelle catene di valore globali, acquisire preziose risorse e tecnologie e migliorare la loro competitività a livello internazionale.

La politica “Go Global” è stata un componente fondamentale della strategia economica globale della Cina, riflettendo la sua crescente fiducia nelle capacità delle sue aziende di competere sullo scenario mondiale e sottolineando il passaggio della Cina da un’economia orientata principalmente all’esportazione a un giocatore globale attivo negli investimenti diretti all’estero. Nel 2006, la Cina ha raggiunto un importante traguardo commerciale diventando il terzo più grande esportatore mondiale. Questo successo ha segnato l’ascesa della Cina come una delle principali potenze commerciali globali, superando la quota di mercato di altre importanti economie. Questo risultato è stato il frutto di anni di rapida industrializzazione, investimenti in infrastrutture e una crescente capacità produttiva, nonché l’effetto dell’ingresso della Cina nell’Organizzazione Mondiale del Commercio nel 2001, che ha aperto ulteriormente i mercati internazionali alle sue esportazioni. La posizione della Cina come terzo maggiore esportatore mondiale ha riflettuto il suo ruolo centrale nell’economia globale e ha evidenziato la sua crescente influenza nel determinare le dinamiche del commercio internazionale

La Crisi Finanziaria Globale del 2008-2009, spesso descritta come la peggior crisi economica dai tempi della Grande Depressione degli anni ’30, ha avuto origine negli Stati Uniti a seguito del collasso del mercato immobiliare subprime nel 2007. L’evento che simbolicamente segnò l’apice della crisi fu il fallimento di Lehman Brothers, una delle più grandi e storiche banche d’investimento americane, nel settembre 2008. Questo evento scatenò un effetto domino che colpì istituzioni finanziarie in tutto il mondo, portando a un congelamento dei mercati del credito, alla perdita di fiducia degli investitori e a una cascata di fallimenti bancari e finanziari.

Le economie globali entrarono in una fase di profonda recessione, con una netta contrazione della produzione industriale, aumento della disoccupazione e calo degli investimenti. Contrariamente a molte economie che subirono gravi contraccolpi, la Cina affrontò la crisi con una serie di misure proattive che le permisero non solo di mitigare gli effetti negativi ma anche di emergere come una forza motrice nell’economia globale.

Riconoscendo i rischi che la crisi rappresentava per la propria economia fortemente orientata all’esportazione, il governo cinese annunciò nel novembre 2008 un imponente pacchetto di stimolo fiscale del valore di circa 586 miliardi di dollari. Questo pacchetto di stimolo aveva l’obiettivo di sostenere la domanda interna in un momento in cui la domanda esterna per le esportazioni cinesi era in forte calo. Gli investimenti furono diretti principalmente verso grandi progetti infrastrutturali, come strade, ferrovie, aeroporti e anche verso la sanità e l’istruzione. Oltre a ciò, furono adottate misure per aumentare il consumo interno, tra cui sussidi per l’acquisto di elettrodomestici e veicoli, e incentivi per le imprese con l’obiettivo di stimolare l’innovazione e la diversificazione industriale

Grazie a queste misure, la Cina non solo riuscì a mantenere un tasso di crescita economica relativamente elevato durante i peggiori anni della crisi ma anche a rafforzare ulteriormente il suo ruolo come motore di crescita globale. Mentre molte economie occidentali lottavano per uscire dalla recessione, la Cina continuò la sua rapida espansione, contribuendo significativamente alla ripresa economica mondiale.

Tuttavia, il massiccio pacchetto di stimolo ebbe anche alcune conseguenze a lungo termine per l’economia cinese, inclusi un significativo aumento del debito pubblico e la creazione di capacità produttive eccessive in alcuni settori. Queste sfide hanno richiesto ulteriori interventi normativi e di politica economica negli anni successivi per garantire una crescita sostenibile

La crisi finanziaria del 2008 ha insegnato alla Cina che non solo non riceverà più lezioni da altri Paesi, ma che sarà lei stessa a darle, usando “la mano invisibile”, ovvero il mercato, e “la mano visibile”, cioè il Partito Comunista Cinese (PCC). Questo ha reso la Cina sempre più interdipendente con gli Stati Uniti, creando una relazione complessa che influenza l’economia globale. La gestione della crisi finanziaria ha avuto impatti duraturi e ha ridefinito il ruolo della Cina nel sistema internazionale.

Il monopolio della Cina sulle terre rare è un argomento cruciale nell’economia globale, data l’importanza di questi elementi in numerose applicazioni ad alta tecnologia, che vanno dai dispositivi elettronici ai sistemi di difesa, dalle energie rinnovabili alle tecnologie pulite Le terre rare, un gruppo di 17 elementi chimici, sono critiche per la produzione di magneti permanenti, catalizzatori, display a LED, e molto altro. La predominanza della Cina in questo settore non è solo una questione di risorse naturali ma anche il risultato di decenni di investimenti strategici, politiche industriali mirate e sviluppo di competenze tecniche avanzate.

Con oltre il 90% della produzione mondiale di terre rare, la Cina ha un ruolo dominante che le conferisce un’enorme leva geopolitica e economica. Questo dominio è stato costruito strategicamente attraverso politiche governative che hanno promosso l’estrazione e la lavorazione di questi materiali. L’importanza di mantenere tale controllo risiede non solo nel valore economico diretto derivante dalla vendita di queste materie prime ma anche nella capacità di influenzare significativamente industrie globali vitali che dipendono da queste risorse

Le restrizioni imposte dalla Cina sull’esportazione delle terre rare hanno suscitato preoccupazioni in tutto il mondo, in particolare tra le economie avanzate come l’Unione Europea e il Giappone, che sono fortemente dipendenti da queste importazioni per le loro industrie high-tech. Queste restrizioni hanno variamente assunto la forma di quote, dazi esportativi o requisiti di licenza, con l’intento dichiarato di proteggere l’ambiente e conservare risorse scarse. Tuttavia, molti osservatori internazionali le vedono come tentativi di esercitare pressione economica e politica o di favorire le industrie nazionali a discapito di quelle straniere.

La risposta internazionale a queste pratiche è stata varia, con alcuni paesi che hanno cercato di contestare le restrizioni cinesi attraverso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Altri hanno avviato sforzi per ridurre la dipendenza dalle terre rare cinesi, esplorando nuove miniere in altre parti del mondo, investendo nella ricerca per trovare materiali sostitutivi o migliorando il riciclaggio delle terre rare dai prodotti dismessi.

Il monopolio della Cina sulle terre rare solleva questioni significative per il futuro dell’innovazione tecnologica e della sicurezza energetica globale. L’accesso a queste risorse è essenziale per lo sviluppo di tecnologie pulite, come i veicoli elettrici e le turbine eoliche, che sono vitali per la transizione energetica mondiale verso fonti più sostenibili.

Inoltre, la situazione evidenzia la necessità per altri paesi di diversificare le loro fonti di approvvigionamento di terre rare e di investire in tecnologie alternative che possano ridurre la dipendenza da questi elementi critici. La tensione tra la necessità di accesso a queste risorse e le implicazioni geopolitiche del dominio cinese su di esse rimane un punto focale nelle relazioni internazionali e nella strategia industriale globale

La crescente preoccupazione degli Stati Uniti e dell’Unione Europea riguardo alla loro dipendenza dalla Cina per l’acquisto di questi materiali critici necessari per la produzione tecnologica ha messo in luce vulnerabilità strategiche che potrebbero influenzare non solo l’industria tecnologica ma anche la sicurezza nazionale e l’indipendenza economica. Le terre rare, vitali per la produzione di una vasta gamma di prodotti ad alta tecnologia – dai telefoni cellulari ai sistemi di difesa, dai veicoli elettrici ai dispositivi medici – sono diventate un punto focale nelle discussioni sulla sicurezza delle catene di approvvigionamento globali.

Riconoscendo i rischi associati a questa dipendenza, l’Unione Europea ha intrapreso sforzi concertati per diversificare le sue fonti di terre rare e ridurre la dipendenza dalla Cina. Queste iniziative includono lo sviluppo di capacità di estrazione e lavorazione di terre rare all’interno dell’UE e l’esplorazione di partnership con paesi terzi che potrebbero servire come fonti alternative di questi materiali critici. L’obiettivo è creare una catena di approvvigionamento più resiliente e sostenibile che possa supportare le ambizioni dell’UE in termini di transizione ecologica e sovranità tecnologica[2].

Analogamente, gli Stati Uniti hanno riconosciuto la necessità di affrontare la propria dipendenza dalle terre rare cinesi. Il governo americano ha avviato diverse misure, tra cui l’investimento in ricerca e sviluppo per alternative alle terre rare, il sostegno all’apertura di nuove miniere e impianti di lavorazione nel territorio nazionale e in paesi alleati, e l’implementazione di politiche volte a rafforzare le catene di approvvigionamento nazionali per questi materiali essenziali. Questi sforzi mirano a garantire che gli Stati Uniti rimangano competitivi nel settore tecnologico e siano meno vulnerabili a interruzioni dell’approvvigionamento esterno.

Il monopolio cinese sulle terre rare e le conseguenti restrizioni alle esportazioni sollevano questioni di ampia portata per l’industria globale e la sicurezza economica. La competizione per l’accesso a queste risorse essenziali si intensifica, evidenziando la necessità di una strategia coordinata a livello internazionale per affrontare la dipendenza da una singola fonte. Le tensioni geopolitiche che emergono da questa dinamica potrebbero avere effetti di vasta portata, influenzando le relazioni internazionali, l’innovazione tecnologica e la transizione verso energie pulite.

Nel 2011, la Cina ha lanciato il suo 12° piano quinquennale, un documento programmatico che delineava gli obiettivi di sviluppo economico e sociale del paese per il periodo 2011-2015. Questo piano rappresentava un cambiamento significativo nella direzione dello sviluppo economico cinese, spostando l’attenzione dalla quantità alla qualità della crescita. Il focus su upgrade industriale mirava a modernizzare e trasformare le industrie tradizionali della Cina, rendendole più tecnologicamente avanzate e competitive a livello internazionale. L’innovazione è stata posta al centro delle politiche di sviluppo, con l’intento di spostare l’economia cinese su una traiettoria di crescita guidata dalla conoscenza e dall’alta tecnologia

Parallelamente, vi era un chiaro impegno per ridurre l’impiego intensivo di risorse, segnalando un movimento verso pratiche di produzione e di consumo più sostenibili. Il piano includeva obiettivi specifici per la riduzione dell’uso di energia e acqua per unità di prodotto e per la diminuzione delle emissioni di inquinanti e gas serra. Questo approccio mirava non solo a mitigare l’impatto ambientale dello sviluppo cinese ma anche a migliorare l’efficienza economica e la sicurezza delle risorse.

Per raggiungere questi obiettivi, il governo cinese ha promosso politiche che favorivano la ricerca e lo sviluppo, l’adozione di tecnologie pulite e rinnovabili, e il miglioramento delle infrastrutture. Inoltre, il piano ha sottolineato l’importanza del miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, promuovendo un aumento del consumo interno come motore di crescita sostenibile

L’anno successivo, la Cina ha assistito a una significativa transizione di leadership con l’ascesa di Xi Jinping alla posizione di Segretario Generale del Partito Comunista Cinese e, successivamente, alla Presidenza della Repubblica Popolare Cinese nel marzo 2013. Questo cambio di leadership ha segnato l’inizio di una nuova era per la Cina, con un rinnovato focus sul rafforzamento della sua posizione a livello mondiale e sul miglioramento dell’infrastruttura economica interna.

Sotto la guida di Xi, la Cina ha adottato una politica estera più assertiva, mirata a espandere la sua influenza globale[3]. Ciò è stato evidente attraverso iniziative ambiziose come l’iniziativa Belt and Road (BRI), lanciata nel 2013, che mirava a creare nuovi corridoi commerciali e infrastrutturali che collegano la Cina a vari paesi in Asia, Europa e oltre. Questa strategia ha rappresentato un tentativo di rafforzare i legami commerciali e gli investimenti con altre nazioni, consolidando il ruolo della Cina come leader economico globale.

Parallelamente, Xi Jinping ha posto un forte accento sul miglioramento dell’infrastruttura economica interna, promuovendo ulteriori riforme per modernizzare l’economia cinese. Queste riforme hanno incluso sforzi per aumentare l’innovazione domestica, migliorare l’efficienza energetica e promuovere lo sviluppo sostenibile. Inoltre, la leadership di Xi ha visto un aumento dell’enfasi sulla governance centralizzata e sulla lotta alla corruzione, con campagne significative volte a rafforzare la disciplina all’interno del Partito Comunista e migliorare l’integrità dell’amministrazione pubblica.

La transizione di leadership a Xi Jinping nel 2012 ha così segnato l’inizio di un periodo di ambiziosi cambiamenti politici, economici e sociali in Cina, con implicazioni significative sia per il paese sia per il suo ruolo nel contesto internazionale.

Nel 2015, la Cina ha guidato la creazione dell’Asian Infrastructure Investment Bank (AIIB), una nuova istituzione finanziaria internazionale focalizzata sul sostegno allo sviluppo di infrastrutture sostenibili in Asia e oltre. L’AIIB mira a colmare il significativo divario di finanziamento infrastrutturale nella regione, promuovendo progetti in settori chiave come energia, trasporti, e acqua. Con il lancio dell’AIIB, la Cina ha cercato non solo di facilitare lo sviluppo economico regionale ma anche di estendere la propria influenza economica, offrendo un’alternativa alle istituzioni finanziarie internazionali esistenti come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. L’istituzione dell’AIIB ha segnato un passo importante nella strategia globale della Cina, rafforzando la sua posizione come leader finanziario e promotore dello sviluppo infrastrutturale. A partire dal 2018, le relazioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina hanno subito un notevole deterioramento, segnate dall’introduzione di dazi doganali elevati da entrambe le parti su centinaia di miliardi di dollari di merci. Questo sviluppo ha segnato l’inizio di una guerra commerciale che ha visto le due maggiori economie mondiali in uno scontro diretto su questioni che includevano pratiche commerciali, accesso ai mercati, diritti di proprietà intellettuale e bilance commerciali.

L’impatto sulla Cina di queste crescenti tensioni è stato significativo, influenzando negativamente le sue esportazioni a causa dei dazi elevati imposti dai suoi più grandi partner commerciali. In risposta a questi sviluppi, la Cina ha intrapreso sforzi per diversificare ulteriormente i suoi partner commerciali, cercando di ridurre la sua dipendenza dal mercato statunitense e di aprire nuovi canali di commercio con altre regioni del mondo.

Parallelamente, ha anche posto un maggiore accento sulla promozione della crescita economica interna, incentrando le politiche su consumo domestico, innovazione e sviluppo di settori ad alta tecnologia come motori principali della propria economia. Questi sforzi sono stati parte di una strategia più ampia per mitigare l’impatto della guerra commerciale e per rafforzare la resilienza economica della Cina di fronte alle sfide globali

La pandemia di COVID-19, che ha avuto origine nella città di Wuhan alla fine del 2019, ha scatenato una crisi sanitaria globale senza precedenti che ha portato a gravi ripercussioni economiche in tutto il mondo. Le misure di contenimento, come lockdown e restrizioni ai viaggi, hanno causato interruzioni significative nelle catene di approvvigionamento globale, colpendo duramente le economie di numerosi paesi.

La Cina, essendo il punto di partenza dell’epidemia, ha affrontato le prime onde di sfide legate alla gestione della crisi sanitaria, implementando misure di lockdown severo in diverse città, compresa Wuhan, l’epicentro dell’epidemia. Queste azioni, unite a un’ampia strategia di test e tracciamento dei contatti, hanno efficacemente limitato la diffusione del virus. Parallelamente, il governo cinese ha lanciato misure di stimolo economico, inclusi sussidi alle imprese, riduzioni fiscali e investimenti in infrastrutture, per mitigare l’impatto economico della pandemia e sostenere la ripresa.

La rapida risposta del governo, caratterizzata da misure di quarantena severe, test di massa e tracciamento dei contatti, ha permesso alla Cina di controllare relativamente velocemente la diffusione del virus all’interno dei suoi confini. Questo controllo efficace ha consentito alla Cina di riprendere le attività produttive prima di molti altri paesi.

Dopo aver superato le fasi iniziali della pandemia, la Cina è stata tra i primi paesi a mostrare segni di ripresa economica. La domanda interna è stata stimolata attraverso varie misure di politica fiscale e monetaria, e il paese ha visto una rapida ripresa della produzione industriale e dei servizi. Questo ha posizionato la Cina in una situazione vantaggiosa, poiché è stata in grado di aumentare le esportazioni verso paesi ancora alle prese con le restrizioni e la domanda depressa causate dalla pandemia.

Approfittando della sua precoce ripresa economica, la Cina ha ulteriormente rafforzato il suo ruolo nel commercio e nella produzione globale. Con molte economie in difficoltà, la capacità della Cina di mantenere operativi i suoi impianti di produzione ha accresciuto la sua importanza come centro produttivo mondiale. Inoltre, la Cina ha accelerato lo sviluppo e l’adozione di tecnologie digitali in risposta alla pandemia, promuovendo l’innovazione nei settori del commercio elettronico, dell’istruzione online e del lavoro a distanza.

Nonostante le sfide iniziali, la pandemia di COVID-19 ha presentato alla Cina sia opportunità sia stimoli per adattare e migliorare ulteriormente la sua economia. La crisi ha evidenziato l’importanza della diversificazione delle catene di approvvigionamento e ha spinto la Cina a perseguire una maggiore autosufficienza in settori strategici come i semiconduttori e la biotecnologia. Tuttavia, ha anche esposto la Cina a tensioni geopolitiche crescenti, specialmente con gli Stati Uniti, su questioni legate alla gestione della pandemia e alla competizione tecnologica.

Nel 2020, la Cina ha dimostrato una notevole capacità di recupero economica in seguito alla pandemia di COVID-19. Grazie a decenni di riforme nella finanza pubblica e nel sistema di tassazione locale, introdotte dalla leadership di Xi Jinping, il paese ha implementato misure di stimolo economico mirate. Queste politiche hanno favorito una ripresa rapida, sostenendo il settore privato e le PMI, che costituiscono l’ossatura dell’occupazione e della creazione di posti di lavoro. Inoltre, il dualismo della sua economia, con un settore di grandi imprese statali centralizzato e economie locali largamente autonome, ha contribuito a questa resilienza​.

Questa ripresa economica è stata guidata anche da un aumento della domanda interna, favorita dalle politiche governative per stimolare il consumo. Inoltre, la Cina ha sfruttato la sua posizione come uno dei primi paesi a riavviare l’attività economica per consolidare e espandere la sua presenza in catene di approvvigionamento critiche a livello globale.

La ripresa post-pandemia della Cina ha rafforzato ulteriormente la sua posizione economica globale, dimostrando la resilienza e la capacità di adattamento della sua economia. Tuttavia, questa ripresa ha anche sollevato questioni sulla dipendenza del mondo dalle catene di approvvigionamento centrate in Cina, spingendo alcune nazioni e aziende a riconsiderare e diversificare le proprie fonti di approvvigionamento. Inoltre, la ripresa economica della Cina è avvenuta in un contesto di tensioni commerciali e geopolitiche in corso, specialmente con gli Stati Uniti, che potrebbero influenzare le dinamiche economiche globali nei prossimi anni

Nel 2021, la ripresa economica globale ha proseguito, nonostante la persistenza della pandemia. La Cina, in particolare, ha registrato una crescita che ha già in gran parte riallineato i livelli pre-pandemia, con una previsione di crescita per il 2021 intorno all’8%. Questa ripresa, tuttavia, ha mostrato segni di rallentamento e la necessità di un bilanciamento maggiore, con un consumo privato più forte. Anche se la Cina è stata una delle prime a normalizzare le sue politiche macroeconomiche dopo la pandemia, il ritmo e l’ampiezza della contrazione fiscale nel primo semestre del 2021 sono stati più rapidi e significativi del previsto, contribuendo al rallentamento della crescita​

Durante il periodo il biennio 20-21, le tensioni commerciali, soprattutto quelle tra la Cina e gli Stati Uniti, hanno avuto un impatto significativo sulla geopolitica economica globale e sulle strategie di sviluppo economico della Cina.

In risposta a queste tensioni e agli sconvolgimenti delle catene di approvvigionamento globale causati dalla pandemia di COVID-19, la Cina ha introdotto e promosso la strategia della “Dual Circulation”[4]. Questo modello strategico punta a ridurre la dipendenza dell’economia cinese dalle esportazioni e dagli investimenti esteri, enfatizzando invece lo sviluppo del mercato interno (la “circolazione interna”) come motore primario di crescita, pur continuando a integrarsi con l’economia globale (la “circolazione esterna”). La strategia della Dual Circulation non solo mira a proteggere la Cina dalle vulnerabilità esterne, come le fluttuazioni della domanda globale e le tensioni commerciali, ma cerca anche di sfruttare il vasto mercato interno della Cina per stimolare l’innovazione e la crescita economica sostenibile. Essa enfatizza l’importanza di un’economia più autosufficiente e resiliente, pur rimanendo aperta al commercio internazionale e agli investimenti esteri. Questo approccio ha portato a una riconsiderazione delle catene di approvvigionamento, con aziende cinesi e internazionali che cercano di ridurre la dipendenza da mercati unici e di esplorare nuove opportunità di produzione e commercio all’interno del gigantesco mercato cinese. Successivamente, in linea con la sua strategia di Dual Circulation, la Cina ha ulteriormente cercato di diversificare i suoi partner commerciali. Ciò ha comportato il rafforzamento dei legami con l’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico), che è diventato uno dei principali partner commerciali della Cina, superando persino l’Unione Europea e gli Stati Uniti in alcuni periodi. Oltre all’ASEAN, la Cina ha intensificato gli sforzi per consolidare e ampliare le relazioni commerciali con l’Unione Europea e altri mercati emergenti in Africa, America Latina e in altre parti dell’Asia.

Questi movimenti strategici non solo hanno aiutato la Cina a mitigare l’impatto delle tensioni commerciali ma hanno anche aperto nuove vie per la crescita economica attraverso l’accesso a mercati in espansione e risorse vitali. Inoltre, tali sforzi di diversificazione commerciale hanno permesso alla Cina di promuovere il suo modello di sviluppo e le sue iniziative infrastrutturali globali, rafforzando la sua influenza economica e geopolitica in regioni strategiche in tutto il mondo. Nel 2022, la Belt and Road Initiative (BRI) della Cina ha continuato la sua espansione, rafforzando la posizione della Cina nel panorama economico globale attraverso la creazione di una vasta rete di alleanze economiche e energetiche[5]. In particolare, la BRI ha intensificato la sua presenza in Africa e in Asia Centrale, regioni ricche di risorse naturali cruciali per l’economia globale.

Attraverso nuovi accordi che spaziavano dall’esplorazione all’acquisto di petrolio, gas naturale e altre risorse energetiche, la Cina ha non solo assicurato l’accesso a importanti fonti di energia per sostenere la propria crescita economica interna ma ha anche consolidato il suo ruolo come partner commerciale chiave per numerosi paesi in via di sviluppo. Questi accordi, parte integrante della BRI, hanno contribuito a costruire e rafforzare le infrastrutture energetiche, i collegamenti commerciali e le vie di trasporto, promuovendo al contempo lo sviluppo economico e l’integrazione regionale.

L’espansione della BRI nel 2022 ha evidenziato l’ambizione della Cina di aumentare la propria influenza economica e geopolitica, offrendo nel contempo ai paesi partner opportunità di sviluppo attraverso investimenti in infrastrutture critiche. Tuttavia, questa espansione ha anche sollevato interrogativi riguardo alle implicazioni per il debito e la sostenibilità ambientale nei paesi partner, nonché sulle dinamiche di potere globale[6].

L’innovazione tecnologica è salita prepotentemente al centro delle priorità della Cina negli ultimi anni, con il governo che ha canalizzato investimenti significativi in settori all’avanguardia come l’intelligenza artificiale (AI), il 5G e le energie rinnovabili. Questo slancio verso l’innovazione, parte della più ampia strategia della Cina per trasformarsi in una società e un’economia guidate dalla conoscenza e dalla tecnologia, ha mirato a posizionare il paese come leader globale in queste aree cruciali.

Nel 2023, la spinta verso l’innovazione tecnologica è stata evidenziata da piani e iniziative che riflettono l’ambizione della Cina di dominare i campi dell’intelligenza artificiale e del 5G. L’investimento in AI ha toccato diversi aspetti, dalla ricerca di base e applicata all’implementazione di sistemi AI in settori industriali, sanitari, e della sicurezza. Parallelamente, il dispiegamento della rete 5G ha segnato un salto qualitativo nell’infrastruttura delle telecomunicazioni del paese, promettendo di rivoluzionare settori come l’Internet delle cose (IoT), le smart cities e la mobilità autonoma.

Nel campo delle energie rinnovabili, la Cina ha continuato a consolidare la sua posizione di leader mondiale, investendo massicciamente in tecnologie solari, eoliche e in nuove forme di energia pulita. Questi sforzi non solo mirano a ridurre la dipendenza del paese dai combustibili fossili ma anche a esportare tecnologia e competenze cinesi in questi settori a livello globale.

Con l’obiettivo di ridurre la vulnerabilità a potenziali shock geopolitici e economici, la Cina ha intensificato gli sforzi per costruire e approfondire le relazioni con una gamma più ampia di partner. In particolare, ha cercato di rafforzare i legami con l’Unione Europea e la Russia, così come con i paesi membri dell’ASEAN (Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico), per assicurarsi fonti di mercato e di approvvigionamento più diversificate. Questo approccio ha incluso non solo la ricerca di nuovi accordi commerciali ma anche la cooperazione in ambiti quali energia, investimenti infrastrutturali e sviluppo tecnologico.

Con la Russia, ad esempio, la Cina ha approfondito la cooperazione nel settore energetico, comprese le forniture di gas naturale e petrolio, mentre con l’Unione Europea e i paesi dell’ASEAN, ha esplorato vie per rafforzare i legami commerciali e gli investimenti reciproci.

Un altro aspetto centrale della risposta cinese alle tensioni geopolitiche è stato l’accento sull’indipendenza tecnologica. Di fronte alle restrizioni all’accesso a tecnologie chiave, soprattutto da parte degli Stati Uniti, la Cina ha aumentato gli investimenti in ricerca e sviluppo in settori strategici come i semiconduttori, l’intelligenza artificiale e le telecomunicazioni. Questo sforzo mira a ridurre la dipendenza da fornitori esteri e a promuovere l’innovazione interna, rafforzando così la competitività globale della Cina in tecnologie avanzate.

Parallelamente, la sicurezza energetica è diventata una priorità, con la Cina che esplora nuove fonti di energia rinnovabile e cerca di diversificare le sue fonti di approvvigionamento energetico. Questi sforzi sono in linea con l’obiettivo più ampio del paese di transizione verso un modello di sviluppo più sostenibile e meno dipendente dai combustibili fossili importati.

Entrando nel nuovo anno, la crescita economica della Cina ha ricevuto una spinta significativa dalle vendite e dalla spesa dei consumatori durante le festività del Capodanno cinese, indicando una forte ripresa della domanda interna. Questo aumento dei consumi è stato accompagnato da un rinnovato focus sulla costruzione di “nuove forze produttive di qualità”, un termine che sottolinea l’intenzione della Cina di modernizzare ulteriormente la sua base industriale e di migliorare la qualità e l’innovazione nei suoi processi produttivi. L’Ufficio Nazionale di Statistica (NBS) ha rilevato una crescita del 7% della produzione industriale su base annua, evidenziando la più rapida espansione da marzo 2023.

Questa dinamica economica positiva contraddice le recenti narrazioni negative sull’economia cinese, proiettando fiducia verso un tasso di crescita del 5% per il 2024, nonostante sfide sia interne che esterne. Gli investimenti in attività fisse e le vendite al dettaglio hanno mostrato incrementi significativi, indicando una ripresa continua e un miglioramento dell’economia nazionale. L’aumento delle vendite al dettaglio, in particolare, sottolinea il potenziale del vasto mercato dei consumatori cinesi. Il turismo nazionale durante il Capodanno cinese ha visto un incremento significativo rispetto ai livelli pre-pandemia, con la spesa totale che segnala una tendenza positiva per il consumo nel 2024

Questa direzione riflette un duplice approccio: da un lato, la Cina sta cercando di migliorare l’efficienza e la sostenibilità ambientale delle sue industrie esistenti; dall’altro, sta investendo in settori di punta che rappresentano il futuro della tecnologia e dell’innovazione globale. Tale strategia non solo è destinata a sostenere la crescita economica a lungo termine della Cina ma anche a rafforzare la sua competitività sul palcoscenico mondiale

La deglobalizzazione, avviata con la crisi finanziaria del 2008, ha ricevuto un’impennata con la pandemia di COVID-19. Misurata dall’aumento delle misure protezionistiche, che hanno raggiunto circa 3.000 tra dazi, sanzioni e quote di esportazione, segnala un incremento del 714% dal 2008 al 2022. Questa tendenza ha complicato significativamente il panorama per le aziende operanti nel commercio internazionale, specialmente nell’Unione Europea, che ora devono navigare tra 350 differenti obblighi normativi in fase di importazione ed esportazione.

La situazione attuale, caratterizzata da nuove sfide geopolitiche e da una pressione crescente per rallentare l’avanzamento tecnologico e scientifico della Cina, sollecita le imprese italiane a una maggiore attenzione verso la gestione dei rischi doganali, nonostante solo la metà di esse adotti procedure preventive.

Il forum del commercio internazionale a Milano ha evidenziato il declino del sistema multilaterale di libero scambio, con le imprese che si confrontano ora con una realtà commerciale molto più frammentata e regolamentata. L’incremento delle misure di difesa commerciale dell’UE, i controlli sull’esportazione di beni dual use, e i divieti derivanti dalle sanzioni contro la Russia sono esempi della crescente regolamentazione che influenza gli scambi globali

Per le aziende italiane, che svolgono un ruolo significativo nel commercio internazionale come grandi esportatori e importatori, la consapevolezza e l’adattamento a queste nuove barriere diventano essenziali. Tuttavia, la maggior parte delle imprese italiane manca di una formazione adeguata riguardo le complessità del commercio estero, con soltanto una minoranza che investe in aggiornamenti annuali.

La trasformazione in corso nel commercio mondiale, spinta anche dall’emergere di fattori come la sostenibilità ambientale e la tutela dei lavoratori, richiede un approccio strategico che consideri non solo costi e benefici economici ma anche valutazioni geopolitiche. In questo contesto, il reshoring, le politiche fiscali e tariffarie, e le zone di libero commercio diventeranno determinanti per l’evoluzione degli scambi. Le imprese italiane, per rafforzarsi nell’economia globale, dovranno quindi puntare sulla formazione e adattare le proprie strategie di catena di fornitura a un mondo sempre più frammentato e regolamentato.

Le imprese italiane, per rafforzarsi nell’economia globale, dovranno quindi puntare sulla formazione e adattare le proprie strategie di catena di fornitura a un mondo sempre più frammentato e regolamentato.

Il contributo della Cina alla crescita economica globale è significativo, rappresentando circa il 30% della crescita mondiale dal 2013 al 2021. Un rafforzamento dell’economia cinese è considerato nell’interesse globale, specialmente considerando il suo ruolo di leader in settori chiave per la transizione ecologica dell’UE. Questa posizione della Cina come forza trainante nello scenario economico mondiale sottolinea l’importanza di considerare il paese non solo come una sfida ma anche come un potenziale alleato nello sviluppo e nella crescita futura.


 

[2] https://startingfinance.com/approfondimenti/terre-rare-cina/

[3] https://www.treccani.it/enciclopedia/xi-jinping-e-la-transizione-del-new-normal_%28Atlante-Geopolitico%29/

[4] https://chinapower.csis.org/china-covid-dual-circulation-economic-strategy/

[5] https://am.pictet/it/blog/articoli/mercati-e-investimenti/belt-e-road-cos-e-e-quali-sono-gli-accordi-tra-italia-e-cina

[6] https://forbes.it/2023/10/11/via-seta-diventata-piano-imperialistico-cinese/

Giuseppe Incarnato

Chairman & CEO IGI INVESTIMENTI GROUP

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