Il fondatore dell’omonimo studio di Design & Architecture ha lanciato un appello a una maggiore coesione del comparto e del ‘sistema Italia’ oltre a spiegare perchè nella progettazione loro coinvolgono anche gli equipaggi
La Spezia – Il Blue Design Summit andato in scena a La Spezia è stato l’occasione anche per ascoltare le prossime novità a cui stanno lavorando alcuni dei più importanti architetti italiani. Fra questi Luca Dini, presidente e amministratore delegato dello studio Luca Dini Design & Architecture, che ha presentato il progetto di realizzazione in Arabia Saudita della Neom Sindalah Island, più altri progetti a cui sta lavorando con il suo staff in Messico ma anche in Albania “che sarà il futuro del Mediterraneo per lo yachting” ha assicurato grazie alla realizzazione di nuove marine. Proprio grazie alla Neom Sindalah Island il noto architetto si è detto sicuro che anche l’Arabia Saudita in Mar Rosso diventerà una dele nuove destinazioni per i super yacht soprattutto per la stagione invernale in alternativa ai Caraibi (“si raggiunge in appena 3 ore di aereo da Roma”).
Forte dell’esperienza acquisita proprio in Arabia Saudita Luca Dini ha sottolineato con rammarico come sia “mancato l’interesse dell’Italia” verso questo progetto di una nuova isola da realizzare, “nessuna delegazione” era presente quando si trattava di fare squadra per promuovere l’attività di imprese connazionali. “Perché non ci uniamo? Anche noi colleghi architetti per fare sistema” ha detto lanciando un appello alla categoria.
Luca Dini, a margine del Blue Design Summit, ha affidato a SUPER YACHT 24 alcune riflessioni sul futuro del design nella nautica da diporto e sull’innovazione che spesso devono fare poi i conti con la vita a bordo di chi le navi da diporto le gestisce.
Quali sono i trend che lei vede per i prossimi anni in termini di innovazione ma anche di criticità e opportunità da cogliere? La domanda nasce dalla constatazione che talvolta il design i cantieri e l’equipaggio sembrano mondi fra loro un po’ distanti…
“Bisognerebbe fare, non voglio dire un passo indietro, ma un attimo una fermata per riflettere su quello che oggi è lo yacht perché sta diventando un oggetto ormai di grandissima moda. La barca è diventata sempre più uno showroom di un negozio d’arredamento piuttosto che un oggetto che naviga. Allora siccome moltissimi che fanno il mio mestiere purtroppo non vanno per mare, ma pensano di fare (giustamente dal loro punto di vista) un oggetto molto figo, molto contemporaneo, si dimenticano che poi le barche devono navigare. Io uso la barca ogni stagione e vedo tutte le cose che facciamo bene e che facciamo male. Esiste un motivo ragione però se l’arredamento della barca ha sempre avuto determinate caratteristiche e la casa o l’albergo altre.”
Possiamo fare esempi concreti?
“Non si può imporre e dire ‘Ah ma ormai oggi col freestanding si può fare la barca, come si fa…’ perché è una cazzata, è pericolosa. Io sulla barca ci vado con la famiglia, con i bambini, con gli anziani, con la mia mamma, ecc. La barca è pericolosa. Quindi quando tu parli di mobili sicuramente un po’ arrotondati, un po’ più dolci, e di non usare tavoli di vetro in spigolo è logico, magari sarà meno modaiolo, ma la barca è un oggetto che si muove. Quel tipo di sollecitazione lì in una casa ce l’hai con un terremoto, non ce l’hai normalmente. Quindi non puoi dimenticarti di queste cose. L’errore che noi progettisti facciamo spesso è quello di non rivolgersi agli equipaggi che invece da qualche anno con noi del nostro studio progettano veramente. Io chiamo lo chef quando devo fare la cucina di una barca. Idem i comandanti e idem i marinai. Gli chiedo: ‘Ti basta questo storage? Ti bastano questi spazi tecnici?’ Ci mettiamo d’accordo.”
Non sempre potrete accontentarli, vero?
“Non è detto che siccome uno mi dice che ha bisogno di una stanza, io gliela do. Però ci parliamo, mi pongo il problema, ma non perché io sono un fenomeno ma perché vado in barca e lo vedo qual è il problema reale.”
L’innovazione negli yacht come si concilia con il design? Cosa vede di nuovo e di diverso nei prossimi anni?
“Io non credo assolutamente alla barche elettriche, per me sono tutte diciamo cose di marketing. Assolutamente no. Vedo uno sviluppo del charter in maniera impressionante, c’è sicuramente molta più possibilità anche nelle persone di poter ‘charterizzare’, magari non di acquistare; vedo soprattutto la volontà di passare delle vacanze o dei momenti scoprendo anche luoghi nuovi. Ecco perché io insisto tanto sulle prossime yachting destination che sono al 100% l’Albania e il Mar Rosso lato Canale di Suez. Queste destinazioni sono il futuro nell’innovazione.”
Sul progresso tecnologico appare scettico, è così?
“Un po’ l’abbiamo visto ma la nautica non è l’automobilismo, gli investimenti che si possono fare in ricerca nella nautica non sono minimamente paragonabili a quelli che si stanno facendo nell’ automotive quindi sarà tutto molto più lento. Quindi sulla ricerca facciamo le cose che oggi si possono fare, la sostenibilità, le cose che possiamo fare le imponiamo. Tu che progetti e che costruisci un’imbarcazione nuova devi utilizzare un tipo di stucco particolare, un tipo di verniciatura, i mobili devono essere fatti così: quello che si può fare sarebbe bene anche un po’ imporlo da qui in avanti. Come per esempio si potrebbe dire: ‘Da qui in avanti i taxi devono essere tutti elettrici’ visto che si muovono prevalentemente in città. Potrebbe benissimo essere una cosa simile nella nautica: imporre alcune cose che sono fattibili e intanto si manda avanti una ricerca che, lo ripeto, nella nautica non avrà mai i fondi che ci sono nell’automotive, ma si può vedere di creare qualcosa di nuovo.”
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