Secondo lo studio del 2024 ‘The ABC of Mobility’, il 51,4% degli spostamenti casa-lavoro in 794 città di 61 Paesi del mondo avviene in macchina. Al di là delle differenze tra le diverse realtà – dal caso più ‘virtuoso’ di Utrecht, in cui la maggioranza delle persone si sposta in bicicletta, al caso di città come Roma o Manchester in cui, su tre viaggi, più di due avvengono in auto – questo dato ci restituisce uno scenario in cui la cosiddetta transizione ecologica sembra procedere a passo lento.
Eppure, in particolare nel nostro Paese, misure per migliorare la qualità dell’aria, soprattutto nelle aree urbane, devono essere prese in seria considerazione. Stando, infatti, al report ‘Mal’Aria di Città 2024’ di Legambiente, il livello di inquinamento atmosferico in Italia supera sia i limiti normativi che l’UE si appresta ad approvare e che andranno in vigore nel 2030 – se andassero in vigore oggi il 69% delle città risulterebbe fuorilegge per i valori di PM10 – sia quelli suggeriti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. La necessità, quindi, di un impegno deciso non è non più rimandabile perché a rischio non c’è solo la salute del pianeta ma anche quella delle persone.
Date queste premesse, la gestione delle flotte aziendali e della mobilità dei dipendenti è uno degli aspetti su cui possono lavorare le aziende che vogliono diminuire il loro impatto sull’ambiente e dare il loro contributo concreto al rispetto degli obiettivi dell’Agenda 2030. In Italia, infatti, le sole attività di fleet management e business travel producono circa il 9% delle emissioni totali di gas effetto serra e i pendolari – che percorrono quotidianamente fino a quasi 50 km a tratta per raggiungere il posto di lavoro o di studio – spendono quasi 3.000 euro l’anno di benzina (e 2.800 euro per il gasolio).
Una delle soluzioni è rappresentata dal passaggio alla mobilità elettrica, un passo che può rivelarsi premiante da vari punti di vista per le aziende più lungimiranti. A fronte, infatti, di un investimento economico iniziale maggiore, sono molti i benefici ottenibili sul lungo periodo. “Le aziende che scelgono di elettrificare la propria flotta aziendale hanno l’occasione di fare da apripista in una direzione che è già segnata. In Norvegia, per fare un esempio, le auto elettriche già superano quelle a benzina e a luglio scorso, per la prima volta in assoluto, più della metà delle auto vendute in Cina sono state elettriche e ibride plug-in” dice Diego Trabucchi, Country Manager Italia di ChargeGuru, provider europeo che offre soluzioni innovative di ricarica per veicoli elettrici.
“In quest’ottica, credo che le aziende abbiano il dovere non solo di ridurre il loro impatto ma anche di sensibilizzare le altre aziende a fare lo stesso, per accelerare questa transizione”, continua Diego Trabucchi. “Non dimentichiamo, inoltre, che passare all’elettrico comporta una serie di vantaggi, anche economici, con i costi per il carburante e la manutenzione che sono inferiori rispetto alle auto a combustione. Ma c’è un’altra cosa che non bisogna sottovalutare ed è il ritorno che brand e marchi, adottando queste politiche, possono avere sulla loro reputazione e, di conseguenza, sul loro posizionamento distintivo”.
La scelta dell’elettrico, infatti, può essere doppiamente responsabile perché, grazie a provider come ChargeGuru che si occupano della fornitura e dell’installazione in una logica ‘all inclusive’, le aziende sono in grado di semplificare anche la ricarica dei dipendenti, offrendo la possibilità a chi ha già un veicolo elettrico o ibrido di ricaricare l’auto mentre è in ufficio e, al contempo, incentivando all’acquisto chi non ce l’ha. In un mercato in cui le persone, sia in veste di consumatori che di potenziali collaboratori, tendono a preferire quelle aziende che si dimostrano maggiormente attiviste dal punto di vista ambientale e sociale, imboccare la strada della sostenibilità rappresenta per le imprese un importante fattore di competitività.
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