Per decenni, l’accesso al credito bancario ha rappresentato l’unico canale di finanziamento per la maggior parte delle PMI italiane. Ma oggi qualcosa è cambiato. E non si tratta solo di una stretta temporanea del credito. Si tratta di un riposizionamento strutturale, che sta spingendo molte imprese verso forme di capitale alternative. Fra queste, l’equity crowdfunding si sta affermando come una leva sempre più concreta, soprattutto per chi guarda alla crescita come a un processo da condividere.

La stretta del credito c’è ed è misurabile. Ma la vera novità non è ciclica: è culturale. Molte imprese non attendono passivamente una distensione del credito: cercano strade alternative

Il contesto attuale è chiaro: le banche prestano meno, con più lentezza e su garanzie sempre più rigide. I tassi hanno spinto molte imprese a sospendere i piani di sviluppo, in attesa di “tempi migliori”.

Ma c’è un’altra parte del tessuto produttivo italiano che ha scelto un approccio diverso: non rinunciare al futuro, ma cambiare strumento.

Per molte PMI, il credito bancario non è più sufficiente a sostenere piani di sviluppo articolati.

La questione è anche culturale. Il credito bancario resta uno strumento utile, ma ha vincoli che in molti casi si rivelano controproducenti: rigidità di rimborso, scarsa elasticità nei confronti dell’innovazione, poca valorizzazione del potenziale.

Al contrario, operazioni di equity permettono all’impresa di rafforzare il capitale, coinvolgere stakeholder nuovi e costruire un racconto pubblico del proprio sviluppo.

Verso un nuovo mix finanziario: il portafoglio PMI

Oggi le imprese più attente non sostituiscono il credito. Lo affiancano.
Usano strumenti diversi per obiettivi diversi:

  • credito agevolato per l’efficientamento,
  • finanziamenti garantiti per il circolante,
  • equity crowdfunding per la crescita strategica,
  • minibond e strumenti ibridi per l’espansione su scala.

Sta nascendo, nei fatti, un portafoglio finanziario consapevole anche per le PMI non quotate. E questa è forse la trasformazione più importante: la fine della monocultura del credito.

Equity: leva di patrimonializzazione, ma anche di visione

Chi sceglie di fare equity oggi lo fa per ragioni molto precise:

  • rafforzare la struttura patrimoniale,
  • migliorare il rating bancario,
  • dimostrare solidità verso clienti e fornitori,
  • aumentare il valore industriale percepito dell’impresa.

Ma l’equity è anche una scelta di linguaggio:

Le PMI che scelgono l’equity lo fanno per crescere, non per sopravvivere

Il profilo tipico? Un’impresa che ha già fatturato, già clienti, già prodotti validati, ma che ha bisogno di capitali per fare un salto: espansione commerciale, nuovi impianti, digitalizzazione di processo, investimenti green.

Non si tratta di “salvataggi”, ma di azioni intenzionali di rafforzamento patrimoniale, che trovano sempre più spazio nell’equity crowdfunding.

Finanza alternativa come linguaggio evoluto

Aprirsi a una campagna equity significa accettare un cambio di linguaggio: trasparenza, governance, comunicazione, relazione con investitori.

Non tutte le PMI sono pronte. Ma quelle che lo sono – e che si fanno accompagnare nel percorso – scoprono che il mercato risponde.

Non con le logiche tipiche delle Start up, ma con fiducia ragionata: investitori che credono in modelli sostenibili, in marchi territoriali, in business con solidità operativa.

Una nuova generazione di imprenditori sta guidando il cambiamento

Non è solo una questione di strumenti. È una questione di mentalità.
In molte PMI italiane è in atto un passaggio generazionale silenzioso, ma profondo.

Figli, nipoti, manager esterni: portano con sé una cultura più aperta, più orientata alla crescita, meno ancorata al controllo assoluto del capitale.

Sono questi i protagonisti delle nuove operazioni equity. E sono loro che, in molti casi, stanno trasformando l’equity crowdfunding da eccezione a opzione.

Un’opportunità per l’intero sistema

Perché questo cambio di paradigma riguarda tutti: le imprese, le piattaforme, gli investitori, e il sistema Paese.

Avere PMI più patrimonializzate, più trasparenti e più pronte ad aprirsi al mercato non è solo un vantaggio per chi raccoglie, ma è  un segnale di maturità finanziaria e industriale, che può rendere più resiliente l’intero tessuto produttivo italiano.

Il credito bancario non scompare , ma si affianca e in certi casi lascia spazio a nuove forme di capitale, pensate per accompagnare la trasformazione.Perché oggi, per crescere, il capitale serve davvero. Ma va scelto, non solo richiesto.

Marina Micheli

Head of Crowdfunding Division di Accelera Hub

Oltre il credito bancario: come le PMI si possono finanziare Il punto di vista di Marina Micheli – Head of Crowdfunding Division ACCELERA HUB

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