Un uomo è stato arrestato in Brasile nel mezzo di una finale del campionato di calcio. Davanti a tutto lo stadio. Peccato non fosse chi stavano cercando

Il riconoscimento facciale fallisce ancora. Sabato 13 aprile si è disputata la finale di campionato di calcio nello stato del Sergipe, a est del Brasile. Una partita storica, come hanno scritto alcuni giornali sportivi brasiliani, perché vedeva due squadre del paese, Confiança e Sergipe, scontrarsi per il titolo a quindici anni di distanza dall’ultima volta.

A noi però interessa di più l’intervallo tra i due tempi, quando un uomo è stato scortato davanti a tutti giù dagli spalti e portato in una stanza per essere interrogato. Si chiama João Antônio, è un personal trainer di 23 anni e tifa Confiança. Come spiega in un post su X in cui ha allegato anche un video esplicito della scena, “[quello ritratto, ndrsembra un delinquente, un fuggitivo. Ma quello portato via dalla polizia sono io”.

Sabato – continua l’uomo nel post – durante la finale del campionato, è successo qualcosa che non avrei mai immaginato fosse possibile, che condivido ora con vergogna e indignazione cosicché non succeda più”. Secondo la ricostruzione del fan e quanto si vede da alcuni video circolati in rete, cinque agenti di polizia si sono diretti verso di lui attraversando gli spalti, mentre era intento a guardare il suo telefono. Uno di loro lo ha preso per il braccio invitandolo a non reagire e chiedendogli di mettere le mani dietro la schiena.

Dopo essere stato scortato alla fine della scalinata un poliziotto ha chiesto al tifoso il suo nome. Una volta condotto in una stanza per essere interrogato, la polizia lo ha intimato di mettere prima le mani sulle ginocchia mentre era seduto e poi di alzarsi e posizionarsi con le braccia al muro per una perquisizione corporale. Una volta seduto nuovamente il poliziotto avrebbe chiesto a João Antônio di riferire nuovamente il suo nome: “L’ultima volta per dire la verità” riporta il tifoso nel tweet condiviso, “perché sei stato riconosciuto dal sistema di riconoscimento facciale, che molto raramente sbaglia”.

Erroneamente identificati e arrestati senza appello

In merito alle errate identificazioni di sistemi di sorveglianza di questo tipo si potrebbero citare molti studi. Sin dal 2018 ricercatrici come Timnit Gebru e Joy Boulamwini hanno messo in guardia la comunità scientifica e la cittadinanza rispetto alle discriminazioni operate da sistemi basati su algoritmi per l’identificazione di persone, e a scopi di sicurezza. I database che i sistemi di riconoscimento facciale utilizzano per operare una corrispondenza tra la foto di un volto, estrapolata come in questo caso dalle videocamere dello stadio, e un nome e cognome (un’identità) sono inaccurati.

Soprattutto se si parla di persone non bianche e non binarie. Portano quindi a quello che in termini tecnici viene definito “falso positivo” ovvero l’associazione di un nome e cognome a un volto che non è quello giusto e, nei casi più estremi, a un arresto totalmente sbagliato. Ciò che è successo a João Antônio è esattamente questo. “Ho ripetuto il mio nome ancora una volta. Gli ho dato il mio portafoglio. Hanno guardato la mia carta d’identità, chiedendomi il mio nome e quello di mia madre. Gli ho aperto davanti la mia patente, comunicato il mio indirizzo di casa, la mia data di nascita”, scrive il tifoso nel tweet pubblicato.

Gli algoritmi forniscono solo una probabilità

L’approccio tecnosoluzionista che guida le forze dell’ordine, dotate di strumenti tecnologici avanzati e intrusivi come il riconoscimento facciale, regge in toto il discorso avvenuto tra João Antônio e i poliziotti: “Quando hanno visto il nome nel sistema e confermato che era un errore, si sono scusati dicendo che era una procedura standard e che in quel giorno un altro tifoso era stato arrestato correttamente, e mi hanno rilasciato”. Gli operatori di polizia si sono affidati alla macchina per arrestarlo, e non l’hanno rilasciato fino a che quest’ultima ha dichiarato “giusto” farlo.

Anche in Italia lo stadio è un luogo di sperimentazione di tecnologie di controllo e sorveglianza. Lo ha rivelato alcuni mesi fa un’inchiesta di IrpiMedia sullo stadio Olimpico di Roma. A differenza delle tifoserie italiane però, che al tema sembrano rimanere poco interessate, il gruppo Antifa Hooligans Brasil, che raccoglie alcuni dei gruppi brasiliani di tifoserie antifasciste, ha rilanciato e condiviso il video dell’arresto su Facebook. Non è chiaro il motivo dell’errore operato dal sistema di riconoscimento facciale, ma alcune tifoserie e un influencer brasiliano che ha ripreso il fatto pensano ad un caso di discriminazione razziale. Alcuni giorni dopo l’accaduto, la Confiança ha invitato João Antônio allo stadio per incontrare alcuni giocatori della squadra e ricevere autografi. Una magra consolazione per chi, davanti a uno stadio intero gremito di persone, è stato trattato come un criminale perché così lo ha identificato una macchina.

Riproduzione da https://www.wired.it/article/riconoscimento-facciale-fallimento-arresto-stadio/


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