La sentenza n. 277/2024, depositata dalla Corte di Giustizia Tributaria della Toscana in data 26 febbraio 2024, nell’accogliere l’appello di un Comandante che aveva visto rigettato il proprio ricorso avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto la non spettanza del regime fiscale di esclusione del reddito da lavoro marittimo, offre lo spunto per analizzare due importanti questioni, una di fatto e una di diritto.

Anzitutto, ricordiamo la vicenda nei suoi tratti essenziali: come noto, per i lavoratori marittimi italiani imbarcati su navi battenti bandiera estera, per i quali non è applicabile il calcolo sulla base della retribuzione convenzionale, la legge prevede che sia escluso dalla base imponibile fiscale il reddito derivante dall’attività prestata su tali navi per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di dodici mesi (vedasi per ogni utile approfondimento sulla normativa specifica il seguente articolo https://sltyacht.com/2023/03/21/tassazione-dei-redditi-derivanti-dal-lavoro-marittimo-bandiera-estera-si-puo-prevenire-laccertamento/)

Negli ultimi tempi si sono registrati molteplici avvisi di accertamento con cui gli Uffici hanno contestato, per lo più, la mancata prova di effettiva “attività di lavoro marittimo a bordo della nave”.
La sentenza n. 277 della Corte toscana, in punto di diritto, afferma un importante principio, cioè quello per cui il lavoro marittimo non si esaurisce nella mera attività di navigazione, ben potendo essere qualificata, come “lavoro marittimo”, l’attività prestata dal Comandante quando la nave è in secca. Pur potendo apparire come una banalità, tale riscontro non era stato condiviso da parte dell’Agenzia delle Entrate la era portata ad escludere dal conteggio dei 183 giorni sia i periodi a terra, sia – in un primo momento – anche quelli in cui l’unità marittima si fosse trovata in Italia.

A livello di prove, cioè a livello di fatti, la sentenza in commento risulta condivisibile laddove afferma, tra l’altro, che la prova relativa al computo dei 183 giorni può essere fatta avendo riguardo al c.d. log book. In realtà, quanto rilevato dai Giudici di appello, da un lato consente di supportare le tesi difensive con documenti probatori specifici, ma dall’altro omettono di rilevare la centralità del contratto di arruolamento e della relativa documentazione connessa (come potrebbe essere ad esempio il Discharge).

Il giudice toscano, nell’accogliere l’appello del comandante lucchese, ha così deciso “… l’esame del documento denominato “logbook 2016 [xxx nome imbarcazione]” (un diario di bordo) ha fatto emergere la circostanza … che l’imbarcazione “xxx” è stata messa in acqua presso il cantiere … srl a Pisa solo in data 12 aprile 2016 e definitivamente rientrata allo stesso cantiere di Pisa in data 14/09/2016. Nello stesso diario di bordo viene indicata la data del 17/09/2016 come data di fine stagione 2016 (“The end 2016”) e, infine, sia il diario di bordo, sia varia documentazione esaminata (email, contratto con la … srl, fatture della stessa) testimoniano che in data 06/10/2016 l’imbarcazione è stata tirata su dall’acqua. Dal 12.04.16 al 6.10.16 sono 177 giorni nei quali tecnicamente il contribuente è stato “imbarcato” anche se non sempre il “xxx” era in navigazione. Si devono però sommare i 9 giorni a dicembre 2016, nei quali il [comandante] era stato in nave/mare (su altra imbarcazione: “xxx” di proprietà xxx) ai 177 della navigazione estiva così superando la soglia di rilevanza di 183 giorni”.

La sentenza risulta condivisibile e ci ricorda l’importanza del fornire una prova precisa e puntuale in ordine al conteggio dei giorni di “lavoro marittimo” prestato dal Comandante, prova che rimane a carico della parte che invoca il regime fiscale di vantaggio e che, considerando le peculiarità del processo tributario, deve avvenire principalmente su base documentale.

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