L’amministratore delegato di Tim, che ha da poco chiuso l’accordo per la vendita al fondo americano Kkr dell’infrastruttura di rete fissa, è salito sul palco con Orlando Barucci, managing partner di Vitale & Co., e Patrizia Micucci, managing director di Neuberger Berman.

Nel suo intervento, si è concentrato particolarmente sul difficile contesto di mercato (nazionale e comunitario) in cui le società di telecomunicazioni si trovano a operare. «Se le aziende di telecomunicazioni non riusciranno ad avere un ritorno sull’investimento, la digitalizzazione non potrà avvenire, perché non ci saranno le infrastrutture necessarie», ha sottolineato l’ad di Tim, spiegando come vadano definite «logiche e politiche industriali che vanno applicate a tutti quanti perché giochiamo in mondo globale».

Labriola ha evidenziato in particolare la frammentazione nel mercato telco, che richiederebbe un consolidamento. «Non è solo un caso italiano, è un caso europeo. In Europa, la maggior parte degli operatori telco non ha Roi. Negli Usa ci sono tre operatori per 360 milioni di abitanti». Anche in Brasile, mercato dove Labriola ha operato dal 2015 al 2021 come amministratore delegato di Tim Brasil, «ci sono tre operatori per 210 milioni di abitanti. Le frequenze 5G sono state vendute a prezzi più bassi, e nel giro di due anni il Brasile è diventato il paese con la copertura 5G di nuova generazione più ampia al mondo. Quindi ripeto: il ritorno sull’investimento è fondamentale».

L’ad di Tim si è poi soffermato anche sul momento di trasformazione che sta vivendo il Gruppo. «Ieri leggevo un articolo di una società di consulenza, in cui il delayering viene visto come la prossima sfida per gli operatori telco. In Tim l’abbiamo iniziato due anni fa, consapevoli che la forte innovazione tecnologica comporta necessariamente investimenti sempre più specifici e in settori completamente differenti».

Il mercato spinge quindi verso una sempre maggiore specializzazione in segmenti di business diversi. A partire dal retail, che secondo l’ad «in Europa va completamente ristrutturato». Mentre, per quanto riguarda le grandi aziende e la Pubblica Amministrazione, mercato presidiato da Tim Enterprise, «l’innovazione tecnologica è forte. Ma migrare nel cloud, come tutti dovranno fare, richiede una gestione congiunta anche della connettività e della cybersecurity. Noi abbiamo il vantaggio competitivo di essere partner di 35mila fra grandi aziende italiane e realtà della PA, a cui forniamo già oggi un servizio end-to-end».

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