A febbraio, le immatricolazioni di auto nuove in Europa si sono attestate su 988.116 unità, con una crescita del 10% che ha portato il consuntivo del primo bimestre a sfiorare la soglia dei 2 milioni di targhe (+11%). In tale contesto, Jato Dynamics segnala due aspetti chiave. In primo luogo, le auto elettriche “non stanno sostenendo la crescita come hanno fatto storicamente” e lasciano spazio ai veicoli a benzina, arrivati a febbraio al 61% dei volumi totali, poco meno del 62% dei livelli pre-pandemia. “Nonostante il notevole spostamento verso i veicoli elettrici, molti consumatori europei non sono pronti ad abbandonare le auto endotermche”, spiega Jato. “Anche se stiamo assistendo a un netto calo della domanda di modelli diesel, gli automobilisti stanno optando per alternative a benzina, piuttosto che passare all’elettrico”. Il secondo aspetto, invece, riguarda la tanto temuta invasione del ‘made in China’: i veicoli importati dal Paese asiatico hanno infatti registrato un tasso di crescita a doppia cifra ben superiore a quello delle concorrenti tedesche o spagnole e, nel segmento delle Bev, hanno ormai raggiunto un quinto dell’immatricolato totale. 

La crescita del Dragone. In particolare, a febbraio e nell’ultimo bimestre le immatricolazioni di auto prodotte in Cina sono cresciute, rispettivamente, del 45% e del 43%, a fronte del +6% delle tedesche e delle spagnole. Il made in China ha così messo a segno il miglior incremento tra tutti i Paesi d’origine, superando i livelli raggiunti da Italia, Corea, Marocco, Romania e raggiungendo Turchia e Regno Unito. La quota di Pechino sul mercato totale, per quanto in crescita rispetto al 3% di febbraio 2023, rimane limitata al 4%: tuttavia, se si concentra lo sguardo sul solo segmento delle elettriche, la situazione cambia. Le Bev di origine cinese hanno rappresentanto il 20% delle immatricolazioni mensili e bimestrali (prima è la Germania con il 33% e terza la Spagna con il 7%). Del resto, le auto a batteria sono il 66% dei veicoli in arrivo dalla Cina: “La crescita è in parte spiegata dalle azioni intraprese da alcuni costruttori cinesi per accelerare le importazioni prima della decisione dell’Ue sull’indagine anti-dumping”, continua Jato. “L’aumento delle tariffe potrebbe rallentare la crescita dei cinesi, ma come effetto a catena potrebbe anche spingerli ad accelerare le consegne in Europa”. L’invasione del made in China, comunque, è per ora legata in buona parte ai marchi occidentali. Infatti, il 44% delle auto importate in Europa è stato immatricolato da brand come Tesla, Volvo e Dacia e il 40% fa riferimento alla MG, marca di proprietà della cinese Saic, ma posizionata come britannica nei Paesi occidentali. Dunque, solo il 16% delle immatricolazioni è effettivamente legato a marchi cinesi, che evidentemente fanno ancora fatica a livello di immagine. “I brand cinesi hanno ancora molta strada da fare prima di occupare una posizione significativa sul mercato europeo”, conclude Jato. “Nonostante i passi avanti compiuti in termini di prestazioni e convenienza, aumentare la notorietà e modificare percezioni di lunga data richiederà del tempo”.

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